«Così non va, serve un nuovo progetto» intervista a Moccia (Fisac)
Con quelle di
Gianni Rinaldini, Giorgio Cremaschi e Carlo Podda, c'è anche la firma di Domenico Moccia, segretario dei bancari della Fisac Cgil, in calce al testo diffuso nei giorni scorsi, «La Cgil che vogliamo». Una sorta di anticipazione delle linee guida che informeranno, nell'assise congressuale che sta per aprirsi, il documento alternativo a quello della maggioranza di Epifani. Il sedicesimo congresso della Cgil vedrà infatti contrapporsi due idee di sindacato, e il segretario dei bancari Cgil è tra coloro che chiedono discontinuità, «un congresso di svolta».
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Vedere la tua firma tra quelle che solitamente vengono associate alla sinistra sindacale ha suscitato lo stupore di molti...
Ma quale stupore: concordo su un obiettivo di trasformazione della società e sulla necessità di un cambiamento della Cgil, e quindi sottoscrivo un documento. È una questione politica, non antropologica.
Qual'è il minimo comune denominatore tra la categoria che tu rappresenti, i bancari, e quella dei metalmeccanici, o dei dipendenti pubblici?
Come si esce dalla crisi, e con quale modello economico, come si arresta oggi l'emorragia di posti di lavoro, come si valorizza il lavoro e lo si riporta al centro della società... Questo ci tiene insieme. Il settore del credito non è immune dalla crisi economica: le banche non rinnovano i contratti a termine, fanno pressione sui dipendenti affinchè vendano i prodotti finanziari che loro propongono, mentre i ritmi di lavoro si fanno sempre più pressanti.
C'è chi è convinto che in una fase come questa meglio sarebbe stato restare «uniti». Cosa ne pensi?
Un'unità formale è fittizia. Tanto più per un'organizzazione come la Cgil, che ha una sua dialettica interna e anche la possibilità di trovare delle sintesi: laddove non si trovano, si affida al congresso la risposta. Il fatto che oggi ci siano due idee sul ruolo che deve avere la Cgil, due idee su come affrontare i rapporti con Cisl e Uil, due idee su come valorizzare il lavoro, mi sembra una ricchezza e un valore per tutti. La mia adesione nasce da un atto di autentico amore verso la Cgil, perchè torni ad essere un soggetto di cambiamento e si faccia promotrice di un'idea di futuro per i giovani. Questo è mancato in questi anni: una visione del mondo, e di conseguenza una strategia.
Due sono i nodi sostanziali al centro del congresso: quello della democrazia e quindi dei rapporti con Cisl e Uil, e quello della contrattazione, dopo l'accordo separato. La Fisac Cgil cosa ne pensa?
La democrazia, sia in entrata che in uscita, è irrinunciabile e sta alla base della possibilità di costruire rapporti unitari con Cisl e Uil. Altrimenti ci si trova con il contratto dei metalmeccanici, firmato da due sigle che rappresentano la minoranza dei lavoratori, senza che ai lavoratori stessi sia data la possibilità di esprimersi. Quanto al modello contrattuale, a quello tutto il direttivo Cgil ha detto «no», no a un modello che non consente recupero salariale, abbassa le tutele e precarizza ulteriormente, con le deroghe, il lavoro.
Sulla precarietà: cosa pensi del contratto unico?
Non mi appassiona, ma per risollevare il problema di centinaia di migliaia di giovani si può vedere come fare. Preferisco comunque il salario sociale, il reddito di cittadinanza.
Manifesto 04 11 09
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