«Tanta fretta, ma dove corri…». Un
attivismo sospetto; un pressing a fare presto, mettendo addirittura una
scadenza alla durata del governo, di cui non si capisce lo scopo se non
quello di imporre il presidenzialismo, anche a costo di spaccare il
Partito democratico. Non può essere un caso, infatti, che il monito di
Napolitano a portare a casa le riforme entro i 18 mesi indicati da Letta
nel discorso per la fiducia coincidano con la “voglia” crescente di
cambiare la Costituzione in senso presidenzialista (per la riforma
elettorale, invece, c’è tutto il tempo del mondo: non vorremo mica
togliere a Berlusconi la soddisfazione di far cadere il governo con la
scusa che il Pd è diviso e i giudici sono cattivi e prendersi tutto il
premio di maggioranza, no?).
In effetti, un po’ di fretta c’è. Lorsignori sanno che il 2013 e il 2014 saranno anni pesantissimi sul fronte della crisi, perché cominceranno a dare frutti (amari) le politiche dei governi Berlusconi e Monti di taglio delle spese e rigore dei conti: per governare le inevitabili tensioni sociali, è molto più comodo disporre di un sistema che lasci poco spazio alla dialettica democratica. Non a caso non si sognano di modificare la Costituzione nel senso dell’allargamento della partecipazione popolare: «Il dibattito sul presidenzialismo emerge – osserva Paolo Ferrero, segretario del Prc – quanto più i governi fanno politiche antipopolari e quindi più si rifugiano nella personalizzazione della politica, nel “teatro” della politica. Noi diciamo “no” al presidenzialismo e diciamo “sì” invece ai referendum abrogativi senza quorum e a quelli propositivi, e al sistema elettorale proporzionale. Invece che centralizzare il potere noi vogliamo che ne venga dato di più al popolo».
Non è decisamente questa la strada scelta da Letta, che invece ha deviato decisamente verso le posizioni della destra, fregandosene altamente del fatto che metà del suo partito non è d’accordo. Anche di questo deve aver parlato il premier con il capo dello Stato nel colloquio che si è svolto al Quirinale, presenti anche il vice Angelino Alfano, il ministro per le Riforme costituzionali Gaetano Quagliariello, e il ministro per i Rapporti con il Parlamento e coordinamento attività di Governo, Dario Franceschini.
A Napolitano Letta ha assicurato di voler andare avanti rapidamente sulla strada delle riforme, nominando il comitato dei “saggi”: gli “esperti” saranno 25 e fra loro ci sarebbero i saggi della commissione Napolitano che non hanno avuto incarichi di governo, come Valerio Onida e Giovanni Pitruzzella, ma anche l’ex presidente della Camera, Luciano Violante, Giuseppe de Vergottini, Stefano Ceccanti, Nicolò Zanon e Francesco Clementi. Come se fosse una questione tecnica e non, invece, squisitamente politica.
ROMINA VELCHI
da Liberazione.it
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