SUL PALCO. L´appello del segretario Fiom e della Camera del Lavoro
La Cgil in piazza: «Il Paese non può più aspettare»
Mimmo Varone
Landini e Galletti ai militanti in sciopero: «Adesso si porti rispetto al primo articolo della Costituzione»
Un governo, ma non purchessia. La Cgil di Brescia è scesa di nuovo in piazza per chiedere un esecutivo capace di imprimere una sterzata radicale alla politica economica e sociale e di mettere in testa alle priorità il lavoro e i diritti dei lavoratori che stanno facendo le spese di questi lunghi anni di crisi. Lo hanno chiesto con forza il segretario della Camera del Lavoro Damiano Galletti e segretario generale Fiom Maurizio Landini dal palco di una piazza Loggia ancora una volta piena di bandiere e striscioni di tutte le categorie. Per il sindacato non erano meno di cinquemila, 3.500 per la Questura. Come che sia, la piazza della città ha
restituito ancora una volta il colpo
d´occhio delle grandi lotte sociali.
Landini ha parole dure contro la
pratica degli accordi separati che «negano la democrazia nei luoghi di
lavoro». E chiede al prossimo presidente della Repubblica che l´articolo
1 della Costituzione venga applicato nella pratica. «La Fiat ha esteso
la sua idea autoritaria a tutto il Gruppo - attacca -, e oggi anche in
altri settori le imprese scelgono con chi trattare». Per portare la
Carta fondamentale dentro le fabbriche il segretario Fiom auspica una
legge sulla rappresentanza che permetta a ogni sigla di contare per
quello che vale e renda validi gli accordi solo se approvati dalla
maggioranza. «Il governo che verrà - dice - deve intervenire per sancire
il diritto dei lavoratori a decidere».
IL SUO DISCORSO guarda ai
nuovi scenari politici, ma è pure una sferzata al sindacato che a volte
finisce per tutelare i già garantiti. «È il precario che deve andare
verso il sindacato - chiede alla piazza - o siamo noi a dover andare
verso di lui?». Quanto all´unità, «è l´obiettivo fondamentale, ma non è
solo una somma, è il diritto dei lavoratori di essere uniti per
sconfiggere l´impresa». E se tanto si parla di scollamento tra cittadini
e istituzioni, «l´unico modo di ricostruire fiducia è portare la
democrazia nelle fabbriche».
Ma mettere al centro il lavoro significa
cambiare alla radice le politiche industriali e sociali. Il segretario
Fiom chiede subito un Piano nazionale dei trasporti e della mobilità, un
Piano per le energie rinnovabili e la banda larga abbandonando le
suggestioni delle «privatizzazioni tipo Telecom servite a dar soldi ai
soliti furbetti». Chiede intervento pubblico e delle università per
progetti industriali attenti alla sostenibilità ambientale, e una
«modifica di tutte le leggi sul lavoro varate dai governi Berlusconi e
Monti».
Se guarda in casa, attribuisce la crisi del sindacato alle
«diverse condizioni di lavoro nella stessa fabbrica».
Di fronte alla
mancanza di tutele che negano il futuro a migliaia di giovani, Landini
chiede l´immediato rifinanziamento della Cig in deroga, che tutte le
imprese paghino il contributo per la cassa integrazione e che si
introducano forme di tutela del reddito per garantire i precari e
«unificare tutti».
Prima di lui altri avevano affrontato gli stessi
temi, a partire da Carlo Foloni (Rsu Sia) che denuncia la «grave
prevaricazione di Cisl e Uil che hanno fatto un accordo separato
nonostante Cgil abbia il 54 per cento di tesserati in azienda e il 50
per cento di presenze nella Rsu». Nell´accusa di Foloni, quell´accordo
«a perdere» ha smantellato 60 anni di storia sindacale aziendale. «Dopo
la stipula si è fatto un referendum con brogli, comportamenti scorretti e
pressioni psicologiche – dice -, uno spettacolo indegno che vogliamo
denunciare». In un´azienda che produce utili, «non possiamo permettere
che i soldi bresciani prendano la strada di Francoforte (Sia è nel
gruppo tedesco Arriva, ndr) - aggiunge - e che non vengano riconfermati
sei contratti a tempo determinato per la perdita di chilometri portata
dal metrò».
PER GLI EDILI, Ibrahim Niane parla di dipendenti che «da
settimane non ricevono lo stipendio», di lavoratori che hanno iniziato a
14 anni e «oggi non riescono ad andare in pensione». Per la Funzione
pubblica Donatella Cagno chiede al prossimo governo di ripartire dalle
«condizioni economiche reali per dare una risposta credibile alla
crisi».
Pierluigi Cetti (Pensionati) chiede di tenere unite le
generazioni, fermare la chiusura delle aziende, riconoscere il diritto
alle rappresentanze sindacali. Ma «i problemi sono pesanti anche per gli
anziani - dice -, il 34 per cento dei quali ha pensioni sotto i 500
euro e il 33 sotto i mille». C´è spazio anche per gli studenti
universitari, che con Elisabetta Domenighini (Udu) imputano la crisi
degli atenei alla politica “fallimentare” di governi che «tagliano il
fondo ordinario per le università e tolgono soldi alla ricerca negando
al Paese un futuro». Le immatricolazioni sono calate del 17 per cento e
«siamo stanchi di vedere genitori affranti per non poter permettere ai
figli un´istruzione», dice la studentessa. E la segretaria nazionale
Filcams Maria Grazia Gabrielli chiude il quadro con i lavoratori del
commercio «costretti a scioperare il 25 Aprile e il Primo Maggio per non
andare al lavoro».
LE VOCI DI STRADA. In corteo per denunciare il «vero sfruttamento»
L´urlo dei lavoratori: «Siamo tutti precari»
Sotto il palco operai, commesse e manovali «prime vittime della crisi che porta ai licenziamenti»
E´ un popolo che porta sulle spalle il peso insostenibile della
crisi e soffre la mancanza di democrazia sui luoghi di lavoro. Sono
migliaia, scesi in piazza per lo sciopero generale territoriale della
Cgil. Denunciano situazioni di sfruttamento e precarietà, ma evitano di
dichiararsi con nome e cognome per paura di ritorsioni. A volte non
dicono nemmeno per quale azienda lavorano. E il dato più di altri,
forse, dà il segno di una precarietà arrivata a corrodere i diritti più
elementari. Per il corteo che si snoda lungo via San Faustino prima di
arrivare in piazza Loggia, anche l´unità sindacale è quasi un lusso a
cui bisogna rinunciare. «Noi ci muoviamo senza aspettare nessuno -
dicono in molti -, quando anche gli altri capiranno faranno come noi».
Ci sono tutte le categorie, con i loro striscioni, e l´elenco dei problemi è lungo per ciascuna. «Oggi lottiamo contro il lavoro domenicale, le discriminazioni e la mancanza di tutele sindacali - dice Maria dietro lo striscione Filcams -, lavoriamo in piccole realtà commerciali dove si teme di perdere il licenziamento, costretti ad accettare lavori precari e a rinunciare a un reddito certo». Si arriva persino a «timbrare il cartellino e lavorare gratis», denuncia Maria.
Sono scesi in piazza pure i lavoratori della cooperativa che ha in appalto i musei bresciani, alle prese con la cassa integrazione e la riduzione dell´orario di lavoro. «L´appalto era di 1,2 milioni ed è stato tagliato della metà - dice Cristiano -, un´amministrazione responsabile dovrebbe dare priorità alle persone invece il sindaco Paroli si riempie la bocca di valori cristiani e intanto fa il bel Bigio». La scuola, pur non coinvolta direttamente, porta solidarietà all´università e ai giovani che neanche riescono più a immatricolarsi. Per i chimici la storia è comune. «Il nostro problema è la crisi come per tutti - dice Sonia -, siamo alle prese con licenziamenti, fallimenti, e lottiamo per un lavoro dignitoso che dia più spazio ai giovani».
LINDA, DI FILLEA, spera che i pagamenti dei debiti da parte delle Pubbliche amministrazioni risollevi un pò il settore dell´edilizia. «Sembrava che avessimo toccato il fondo l´anno scorso - dice - ma si raschia ancora il barile. Abbiamo sentito la crisi per ultimi, ma ora facciamo davvero fatica a risollevarci e dobbiamo fare i conti con imprese che chiudono e riaprono continuamente. Magari cambiano intestazione e lasciano a casa i dipendenti».
Tanti sono i metalmeccanici dell´Iveco. E per loro sarà lo stesso segretario generale Maurizio Landini ad annunciare la battaglia vinta contro l´azienda. Due delegati erano stati sanzionati per sciopero, e i giudici hanno riconosciuto il loro diritto a incrociare le braccia. Si capisce che si vivono situazioni personali pesanti, con la crisi del lavoro e delle imprese. Tuttavia ciascuno si sforza di guardare oltre il proprio orto. Stare insieme in corteo, o nella piazza, fa capire meglio che i problemi sono comuni, e che solo insieme si possono risolvere. È il risultato più importante dello sciopero di ieri.
Ci sono tutte le categorie, con i loro striscioni, e l´elenco dei problemi è lungo per ciascuna. «Oggi lottiamo contro il lavoro domenicale, le discriminazioni e la mancanza di tutele sindacali - dice Maria dietro lo striscione Filcams -, lavoriamo in piccole realtà commerciali dove si teme di perdere il licenziamento, costretti ad accettare lavori precari e a rinunciare a un reddito certo». Si arriva persino a «timbrare il cartellino e lavorare gratis», denuncia Maria.
Sono scesi in piazza pure i lavoratori della cooperativa che ha in appalto i musei bresciani, alle prese con la cassa integrazione e la riduzione dell´orario di lavoro. «L´appalto era di 1,2 milioni ed è stato tagliato della metà - dice Cristiano -, un´amministrazione responsabile dovrebbe dare priorità alle persone invece il sindaco Paroli si riempie la bocca di valori cristiani e intanto fa il bel Bigio». La scuola, pur non coinvolta direttamente, porta solidarietà all´università e ai giovani che neanche riescono più a immatricolarsi. Per i chimici la storia è comune. «Il nostro problema è la crisi come per tutti - dice Sonia -, siamo alle prese con licenziamenti, fallimenti, e lottiamo per un lavoro dignitoso che dia più spazio ai giovani».
LINDA, DI FILLEA, spera che i pagamenti dei debiti da parte delle Pubbliche amministrazioni risollevi un pò il settore dell´edilizia. «Sembrava che avessimo toccato il fondo l´anno scorso - dice - ma si raschia ancora il barile. Abbiamo sentito la crisi per ultimi, ma ora facciamo davvero fatica a risollevarci e dobbiamo fare i conti con imprese che chiudono e riaprono continuamente. Magari cambiano intestazione e lasciano a casa i dipendenti».
Tanti sono i metalmeccanici dell´Iveco. E per loro sarà lo stesso segretario generale Maurizio Landini ad annunciare la battaglia vinta contro l´azienda. Due delegati erano stati sanzionati per sciopero, e i giudici hanno riconosciuto il loro diritto a incrociare le braccia. Si capisce che si vivono situazioni personali pesanti, con la crisi del lavoro e delle imprese. Tuttavia ciascuno si sforza di guardare oltre il proprio orto. Stare insieme in corteo, o nella piazza, fa capire meglio che i problemi sono comuni, e che solo insieme si possono risolvere. È il risultato più importante dello sciopero di ieri.
dal BRESCIAOGGI
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