Il
nuovo ddl di riordino delle prestazioni assistenziali prevede limiti
severissimi per ottenere la pensione di reversibilità.
Lo Stato
batte cassa sulle spalle delle vedove: a lanciare l’allarme è il segretario
generale dello Spi-Cgil, Ivan Pedretti, in base al contenuto del disegno di
legge sul riordino delle prestazioni assistenziali, attualmente in
Commissione Lavoro alla Camera, già approvato dal Consiglio dei
Ministri. Il ddl, infatti, ha due disposizioni che, se mantenute così come
sono, causeranno un vero e proprio terremoto sociale:
– in primo
luogo, qualsiasi trattamento di assistenza sarà legato all’Isee
della famiglia;
– in secondo
luogo, la pensione di reversibilità diverrà una prestazione
assistenziale, e non più previdenziale.
In parole
povere, questo significa che potranno avere la reversibilità solo coloro che non
possiedono nulla, o quasi, perché basta avere qualche risparmio in banca, o
la convivenza con una persona con un minimo di reddito, per far alzare l’indice
Isee.
Per un
approfondimento leggi “Reversibilità e assegno sociale solo a chi ha Isee basso“.
Indice Isee
L’indicatore
Isee, in pratica, serve a misurare la ricchezza di una famiglia: la misura,
però, non si basa solo sui redditi percepiti, ma anche sul patrimonio di
ogni componente del nucleo familiare.
È
sufficiente, cioè, che un familiare possieda una casa o un terreno,
anche se non frutta un euro, perché si sfori la soglia Isee utile per
percepire i trattamenti assistenziali; così come un conto corrente
bancario, o un libretto postale, possono far andare oltre la soglia,
anche se si tratta dei risparmi di una vita di lavoro e sacrifici.
Entrano,
poi, nel nucleo Isee, non solo tutti coloro che fanno parte dello stesso
stato di famiglia (in generale tutti i residenti nella stessa
abitazione, a meno che non si richiedano al Comune degli stati di famiglia
separati, ma non vi devono essere legami di parentela o affettivi), ma anche
altri soggetti non conviventi, come i genitori di figli minorenni, anche
se non coniugati, ed il figlio studente universitario.
Insomma, ci
vuole davvero molto poco per superare i rigidi limiti imposti dal
Governo, anche se non si possiedono redditi.
Pensione di reversibilità
Tali limiti
saranno validi anche per percepire la pensione di reversibilità (cioè la
pensione ai superstiti, che può essere di reversibilità o indiretta), in quanto
il ddl la qualifica come prestazione assistenziale.
Tale
qualifica, però, appare ingiusta, poiché la reversibilità è un trattamento che
si basa sui contributi versati nell’arco della vita lavorativa del
deceduto: in questo modo si porrebbe in essere un furto legalizzato da parte
dello Stato, che incamererebbe i contributi previdenziali versati dai
lavoratori, senza devolverli agli eredi aventi diritto. Peraltro, già da tempo
sono previsti dei limiti di reddito per percepire il trattamento.
Non
tranquillizza il fatto che le prestazioni già in essere non saranno
toccate, ma soltanto quelle concesse dall’entrata in vigore della norma: in
questo modo, al contrario, si andranno a colpire proprio i più bisognosi,
in quanto le future pensioni saranno sempre più magre.
Si spera
dunque in una marcia indietro sul ddl, che almeno tenga conto del reddito
effettivo dei beneficiari, e non del patrimonio.
http://www.laleggepertutti.it
Il nuovo ddl di riordino delle prestazioni assistenziali prevede limiti severissimi per ottenere la pensione di reversibilità.Lo Stato batte cassa sulle spalle delle vedove: a lanciare l’allarme è il segretario generale dello Spi-Cgil, Ivan Pedretti, in base al contenuto del disegno di legge sul riordino delle prestazioni assistenziali, attualmente in Commissione Lavoro alla Camera, già approvato dal Consiglio dei Ministri. Il ddl, infatti, ha due disposizioni che, se mantenute così come sono, causeranno un vero e proprio terremoto sociale:
– in primo luogo, qualsiasi trattamento di assistenza sarà legato all’Isee della famiglia;
– in secondo luogo, la pensione di reversibilità diverrà una prestazione assistenziale, e non più previdenziale.
In parole povere, questo significa che potranno avere la reversibilità solo coloro che non possiedono nulla, o quasi, perché basta avere qualche risparmio in banca, o la convivenza con una persona con un minimo di reddito, per far alzare l’indice Isee.
Per un approfondimento leggi “Reversibilità e assegno sociale solo a chi ha Isee basso“.
Indice Isee
L’indicatore Isee, in pratica, serve a misurare la ricchezza di una famiglia: la misura, però, non si basa solo sui redditi percepiti, ma anche sul patrimonio di ogni componente del nucleo familiare.È sufficiente, cioè, che un familiare possieda una casa o un terreno, anche se non frutta un euro, perché si sfori la soglia Isee utile per percepire i trattamenti assistenziali; così come un conto corrente bancario, o un libretto postale, possono far andare oltre la soglia, anche se si tratta dei risparmi di una vita di lavoro e sacrifici.
Entrano, poi, nel nucleo Isee, non solo tutti coloro che fanno parte dello stesso stato di famiglia (in generale tutti i residenti nella stessa abitazione, a meno che non si richiedano al Comune degli stati di famiglia separati, ma non vi devono essere legami di parentela o affettivi), ma anche altri soggetti non conviventi, come i genitori di figli minorenni, anche se non coniugati, ed il figlio studente universitario.
Insomma, ci vuole davvero molto poco per superare i rigidi limiti imposti dal Governo, anche se non si possiedono redditi.
Pensione di reversibilità
Tali limiti saranno validi anche per percepire la pensione di reversibilità (cioè la pensione ai superstiti, che può essere di reversibilità o indiretta), in quanto il ddl la qualifica come prestazione assistenziale.Tale qualifica, però, appare ingiusta, poiché la reversibilità è un trattamento che si basa sui contributi versati nell’arco della vita lavorativa del deceduto: in questo modo si porrebbe in essere un furto legalizzato da parte dello Stato, che incamererebbe i contributi previdenziali versati dai lavoratori, senza devolverli agli eredi aventi diritto. Peraltro, già da tempo sono previsti dei limiti di reddito per percepire il trattamento.
Non tranquillizza il fatto che le prestazioni già in essere non saranno toccate, ma soltanto quelle concesse dall’entrata in vigore della norma: in questo modo, al contrario, si andranno a colpire proprio i più bisognosi, in quanto le future pensioni saranno sempre più magre.
Si spera dunque in una marcia indietro sul ddl, che almeno tenga conto del reddito effettivo dei beneficiari, e non del patrimonio.
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