Un’altro Arcobaleno? No grazie. Esce dal Prc il pezzo che si riconosce nella rivista FalceMartello. «L’ultima tappa di una marcia tanto lunga quanto poco gloriosa è l’avventura di Sinistra Italiana»
di Giulio AF Buratti
«In principio fu la Sinistra Arcobaleno. Poi la Federazione della
sinistra. Poi Rivoluzione civile. Poi l’Altra Europa (e in mezzo a
queste altre esperienze già dimenticate quali Alba, Cambiare si può,
ecc.). Ognuna di queste operazioni di trasformismo politico è finita in
lacrime, al di là dell’avere raccolto pochi o pochissimi voti. E ogni
volta, puntualmente, il gruppo dirigente del Prc ha riproposto la stessa
identica ricetta».
SinistraClasseRivoluzione, Sezione Italiana della Tendenza Marxista
Internazionale, annuncia così, dal suo sito, l’uscita dei suoi militamti
da Rifondazone comunista nel quale hanno militato dall’indomani della
scissione della Bolognina.
Si tratta della corrente che si raccoglie attorno alla rivista
FalceMartello, una certa consistenza in Emilia e Lombardia, un migliaio
di voti congressuali nel 2013, al IX congresso che s’è concluso con l’8%
per loro. Poco prima dell’assise, i suoi militanti hanno dato vita al
movimento politico Scr, già con un piede fuori dal Prc. «L’ultima tappa
di una marcia tanto lunga quanto poco gloriosa è l’avventura di Sinistra
Italiana. – si legge ancora nel documento firmato da Claudio Bellotti,
Lucia Erpice, Jacopo Renda, componenti dimissionari della direzione
nazionale più i sette membri del Cpn del Prc- Riassumiamo brevemente. Il
Prc decide di aderire a un appello (“Noi ci siamo”) con un voto a
maggioranza nel Comitato politico nazionale del 7-8 novembre. Tale
appello implica l’adesione del partito a un ennesimo “nuovo soggetto”
della sinistra italiana. Su tale proposta si procede a una consultazione
della base.
Nelle stesse ore nelle quali venivano prese queste decisioni, il
“nuovo soggetto” si materializzava con la sigla di Sinistra Italiana,
che riunisce Sel e parte dei fuoriusciti dal Pd (Fassina, D’Attorre,
ecc.). Passano pochi giorni e costoro, forti della visibilità
conferitagli dal gruppo parlamentare, dettano le loro condizioni: il
nuovo partito è fatto, chi vuole sciolga la propria formazione e vi
aderisca.
Seguono lettere, comunicati, appelli, polemiche, lamenti e ingiurie, e
intanto il Prc continua a “consultare” i propri militanti su una
proposta che non esiste più. Ebbene, nonostante tutto questo, neppure un
sussulto di reazione viene a galla e la proposta del Cpn viene
approvata, stando ai dati ufficiali, da oltre il 70 per cento dei circa
5mila compagni che votano.
Ferrero giura che il Prc non si scioglierà «né oggi né domani», ma
secondo Scr, se non lo farà lui sarà qualcun altro a traghettare quello
che resta di Rifondazione nell’orbita di Sinistra italiana, ammesso che
il cartello elettorale regga alla prova delle prossime amministrative
per via dello scontro interno determinato dalle spinte di pezzi di Sel
di non mollare l’aggancio con il Pd renziano. «Rifondazione avrà solo la
scelta tra non esserci (ovvero improvvisare una lista e prendere se va
bene l’1 per cento) o supplicare in ginocchio qualche candidatura nelle
liste di Sinistra Italiana. Se per qualche motivo Ferrero non vorrà
farlo, lo farà qualcun altro al posto suo – si legge ancora prima della
frase di commiato – Separiamo quindi definitivamente le sorti del nostro
movimento da quelle del Prc, forti della convinzione maturata in questi
anni che questa separazione non solo non ci isola, ma al contrario
sviluppa pienamente il potenziale che abbiamo misurato nel lavoro
svolto. Nel movimento operaio e fra i giovani esiste non solo un
potenziale di lotta antisistema, ma anche una richiesta diffusa di
formazione e spiegazione politica, una ricerca di idee rivoluzionarie
capaci di fondare una scelta di militanza e di lotta contro un
capitalismo sempre più barbarico». Tuttto ciò, «in piena connessione e
solidarietà con i nostri compagni nel resto d’Europa e del mondo»,
ovvero la Tmi che «aderisce ai aderisce ai principi dell’ortodossia
trotskista e adotta «la tattica del fronte unico elaborata dalla Terza
Internazionale negli anni venti e una riformulazione della tattica
entrista per cui l’entrata dei gruppi trotskisti nei grandi partiti di
sinistra e nelle organizzazioni sindacali più importanti». Ted Grant, il
loro punto di riferimento teorico, pensava che i rivoluzionari devono
svolgere lavoro politico “dentro, fuori e attorno alle organizzazioni di
massa” in quanto “fuori dal movimento operaio non c’è nulla”. Una
posizione che puntava a rompere con la Quarta Internazionale, il partito
fondato da Trockij, accusato di «degenerazioni settarie e influenzate
da ideologie piccolo-borghesi (come nazionalismo di sinistra,
terzomondismo, femminismo, eccetera)».
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