I Nomadi al Palabrescia coi brani dell'ultimo album «Raccontiraccolti», che rivisitano anche canzoni di altri cantautori (Reporter Campanelli)
nIl sipario sui Nomadi, in scena ieri sera al Palabrescia, si chiude solo al termine di un lungo concerto, uno delle migliaia, che la storica band italiana ha tenuto in 47 anni di storia. Ma la parola fine, quella vera, è ancora lontana dall'essere pronunciata. D'altronde, quando accorrono migliaia di fans da ogni provincia per assistere al concerto di Carletti e soci, significa che la loro straordinaria forza d'aggregazione è ancora intatta.
Anche ieri il pubblico bresciano e non solo, ha offerto un'altra prova di forte attaccamento
: per un Palabrescia quasi esaurito (1.400 spettatori), i Nomadi hanno tenuto banco, quasi fosse stato un incontro informale tra vecchi amici (ma con loro è sempre così). Pur ripetendosi continuamente nel modo di intendere il live, i Nomadi riescono sempre a fare in modo che non s'allenti il saldo legame con la gente. Saranno i testi delle canzoni a favore degli ultimi o che denunciano ingiustizie sociali, saranno le raccolte benefiche verso enti e associazioni, sarà l'affascinante (e, a tratti, pure tempestosa) storia del gruppo iniziata nel lontano 1963, ma le vecchie generazioni si uniscono alle nuove per non perdersi i concerti.
E allora eccoci a «Raccontiraccolti Tour»,collegato all'ultima fatica discografica, rivisitazione di famose canzoni di altrettanto famosi colleghi cantautori. Canta Danilo Sacco, voce ormai collaudata subentrata alla mitica dello scomparso Augusto Daolio. Chiariamo che si è ormai consumata da un pezzo la tiritera nostalgica dei «bei tempi quando c'era Augusto...», frase che faceva storcere il naso al leader Carletti. Il passato non si dimentica e tanto meno, nei Nomadi, si tradisce, ma la vita è andata avanti.
Pezzi come «L'isola che non c'è» di Edoardo Bennato (in versione country, non il massimo), o «Hey man» di Zucchero (meglio) si alternano a brani storici e più recenti della band: «Lo specchio che riflette», «Due re senza corona» (unico inedito nel cd), «Un pugno di sabbia» (sempre bella), «Dove si va», «Io voglio vivere». Non mancano le dediche speciali che il pubblico consegna a Danilo, che le legge e commenta scherzosamente.
Il palco è abbastanza spoglio, nello stile Nomadi, giganteggia invece la voglia di scherzare dei musicisti, compresa la vecchia volpe Cico Falzone, chitarrista. Mentre Beppe Carletti, unico della formazione originale, se ne sta defilato al piano, quasi arretrasse dalla headline.
Finale tutto da vivere con i brani di grande repertorio come «Dio è morto» e «Auschwitz» e chiusura scontata con «Io vagabondo». Ma i Nomadi rivisitano con successo anche Massimo Ranieri, Ivan Graziani e Roberto Vecchioni. Sul palco sventolano le bandiere della pace, dei quattro Mori e del Tibet. C'è pure una stoccata del cantante: «In Italia la cultura oggi è considerata meno di niente».
dal giornale di Brescia
Anche ieri il pubblico bresciano e non solo, ha offerto un'altra prova di forte attaccamento

E allora eccoci a «Raccontiraccolti Tour»,collegato all'ultima fatica discografica, rivisitazione di famose canzoni di altrettanto famosi colleghi cantautori. Canta Danilo Sacco, voce ormai collaudata subentrata alla mitica dello scomparso Augusto Daolio. Chiariamo che si è ormai consumata da un pezzo la tiritera nostalgica dei «bei tempi quando c'era Augusto...», frase che faceva storcere il naso al leader Carletti. Il passato non si dimentica e tanto meno, nei Nomadi, si tradisce, ma la vita è andata avanti.
Pezzi come «L'isola che non c'è» di Edoardo Bennato (in versione country, non il massimo), o «Hey man» di Zucchero (meglio) si alternano a brani storici e più recenti della band: «Lo specchio che riflette», «Due re senza corona» (unico inedito nel cd), «Un pugno di sabbia» (sempre bella), «Dove si va», «Io voglio vivere». Non mancano le dediche speciali che il pubblico consegna a Danilo, che le legge e commenta scherzosamente.
Il palco è abbastanza spoglio, nello stile Nomadi, giganteggia invece la voglia di scherzare dei musicisti, compresa la vecchia volpe Cico Falzone, chitarrista. Mentre Beppe Carletti, unico della formazione originale, se ne sta defilato al piano, quasi arretrasse dalla headline.
Finale tutto da vivere con i brani di grande repertorio come «Dio è morto» e «Auschwitz» e chiusura scontata con «Io vagabondo». Ma i Nomadi rivisitano con successo anche Massimo Ranieri, Ivan Graziani e Roberto Vecchioni. Sul palco sventolano le bandiere della pace, dei quattro Mori e del Tibet. C'è pure una stoccata del cantante: «In Italia la cultura oggi è considerata meno di niente».
dal giornale di Brescia
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