Il consiglio dei ministri ha approvato ieri il Dpef, vantandosi di aver «assicurato la coesione sociale» con le misure intraprese. Eppure, a qualche centinaio di metri, si presentavano proposte che prevedono da un lato lo «scudo fiscale» per chi ha esportato capitali all'estero - con lo scopo di non pagare le tasse - e dall'altro una riforma delle pensioni, che porterà l'età pensionabile delle donne della pubblica amministrazione a 65 anni e legherà, a partire dal 2015, l'età pensionabile all'«aspettativa di vita».
Lo scudo fiscale, della cui introduzione si è molto dibattuto nei giorni scorsi, è contenuto effettivamente in un emendamento alla legge di conversione del «decreto anticrisi», presentato ieri in commissione bilancio della Camera. L'aliquota complessiva del 5% sarà applicata su tutte le attività finanziarie e patrimoniali rimpatriate in una finestra che va dal settembre 2009 all'aprile 2010. Il rimpatrio garantirà il totale anonimato, e inoltre il fatto di aver detenuto illegalmente capitali all'estero «non potrà costituire elemento utilizzabile a sfavore del contribuente in ogni sede amministrativa e giudiziaria». Una indulgenza, insomma, che si va a sommare alla non applicabilità ad accertamenti per due anni. Dalla sostanziale amnistia finanziaria restano però esclusi reati come il falso in bilancio, la bancarotta, il riciclaggio, l'estorsione e reati con pena superiore ai 15 anni. Il governo questa volta non è certo mosso da intenti di «finanza creativa»: il gettito dello scudo fiscale è stato stimato nella cifra simbolica di un euro, data la «assoluta imprevedibilità del numero dei soggetti interessati all'iniziativa». Le entrate derivanti dalla misura confluiranno in una apposita contabilità speciale, i cui fondi potranno essere utilizzati solo a partire dal 2010. Si tratta insomma di una bella sorpresa per i grandi evasori, ammesso che si fidino a detenere i patrimoni in Italia, ovviamente.
Di tutt'altro tenore la sorpresa che spetterà alle lavoratrici della pubblica amministrazione, contenuta in un altro emendamento al decreto anticrisi. Dal prossimo anno infatti le donne potranno andare in pensione solo se sessantunenni, e l'età pensionabile scatterà di un anno ogni due anni, fino alla totale equiparazione con i maschi nel 2018. Per tutti gli altri lavoratori invece, di qualunque sesso, è in arrivo un'altra sorpresa, contenuta nello stesso emendamento. «Impercettibile», ha detto ieri Sacconi. Si tratta del «graduale» aumento dei requisiti anagrafici per l'accesso al sistema pensionistico, da effettuarsi in base all'aumento dell'aspettativa di vita. Ciò avverrà a partire dal 2015, e «alla prima applicazione» l'aumento non potrà essere superiore ai tre mesi. Nel concreto è tutto rimandato a un regolamento attuativo da emanarsi entro il 31 dicembre 2014, ma intanto il governo sta piazzando un «paletto» non indifferente.
Il consiglio dei ministri intanto ha approvato - rapidamente e all'unanimità, come piace a Berlusconi - il Dpef (documento di programmazione economica e finanziaria) per il quadriennio 2010- 2013. Confermate le anticipazioni per la crescita economica, diffuse martedì: il Pil calerà del 5,2% nell'anno in corso, sebbene secondo il documento la ripresa dovrebbe innescarsi nel 2010, con una crescita dello 0,5%. Ma ad essere pessimo è lo scenario sul versante del mercato del lavoro, dove la disoccupazione si riporterà sotto l'8% solo nel 2013. Il picco raggiunto dalla quota dei senza lavoro si toccherà l'anno prossimo (sempre che le cose andranno come ha previsto il governo): il tasso di disoccupazione raggiungerà l'8,9%. Sul fronte della finanza pubblica, il rapporto debito-pil raggiungerà il 118,2% nel 2010, a causa del disavanzo primario, cosa che l'Italia non registrava da più di 15 anni. Il rapporto indebitamento netto-Pil raggiungerà il 5,3% quest'anno, e scenderà al 3,8% nel 2013.
di Carlo Leone Del Bello - su Il Manifesto del 16/07/2009
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