Per ricordare che la femminilità è non solo in questo giorno, ma in tutti i giorni della nostra vita, affrontando il quotidiano, ora con occhio sorridente ora con occhio pensieroso, a volte con clemenza a volte con rabbia, ora cadendo ora rialzandoci ma certe che domani è sempre un nuovo giorno.
3 commenti:
...che bel pensiero....
GRAZIE!!!!!
Identità femminile
La rivoluzione femminile, avvenuta in questo mezzo secolo, ha determinato eventi e cambiamenti sociali di notevole rilevanza fino a portare alla progressiva emancipazione della donna con mutamenti sostanziali nel costume e nelle strutture sociali, in primo luogo nella famiglia.
Pur riconoscendo che il ruolo della donna è già stato messo in discussione in epoche ormai lontane, basti pensare alla campagna attuata dalla Santa Inquisizione (santa poco, inquisizione tanta), contro tutte coloro che osavano uscire dagli schemi imposti da una visione prettamente maschilista del ruolo stesso della donna, è dalla seconda guerra mondiale che il movimento femminista per la conquista di diritti fino ad allora negati, si è diffuso a macchia d’olio, senza conoscere sostanziali confini.
Con l’avvento delle macchine e l’introduzione del lavoro a catena, vengono rimessi in discussione i rapporti di forza e di potere tra uomo e donna, e la superiorità non viene più calcolata misurando la forza fisica, ma diviene di ordine celebrale, ossia viene calcolata misurando la capacità di utilizzare più razionalmente e abilmente le innovazioni tecnologiche.
Nel ‘900, con l’avvento della contraccezione, cambia anche il tradizionale rapporto tra la donna e la natura, e la maternità diviene, a lungo andare, una parentesi all’interno della vita stessa, che si fa sempre più lunga e che, grazie all’istruzione sempre più generalizzata, vede assegnare a figure femminili mansioni e compiti arcaicamente e rigidamente assegnati finora nell’ambito prettamente maschile.
La riappropriazione del proprio corpo, della propria sessualità, della propria capacità di relazione autonoma con l’uomo e soprattutto della propria possibilità di scelta libera e consapevole della maternità, porta la donna a non lasciarsi più circoscrivere nella sua natura biologica e a divenire l’artefice del proprio destino.
Anche i movimenti femministi, che in un primo momento contestavano parità formale e sostanziale fra i sessi, subiscono un’ulteriore evoluzione (data dalla presa di coscienza che l’uguaglianza assoluta non è possibile e forse più dannosa) e si dedicano alla ricerca della parità nella diversità, per evitare che uguaglianza significhi pura assimilazione all’uomo.
Si arriva quindi all’integrazione tra maschile e femminile a livello di reciprocità.
Usando le stesse parole di Simon De Beauvoir, “ il pensiero centrale di questa di questa prospettiva è che l’uomo esiste in relazione all’altro uomo e che la reciprocità dell’uomo verso la donna e della donna verso l’uomo è l’unico paradigma possibile che salvaguardi la dignità di entrambi”.
Si passa quindi da una donna custode delle uniche relazioni familiari a una donna in grado di assumere ruoli e responsabilità che escono da quest’ambito e che riescono a coniugare tempi di lavoro, di famiglia, di cura.
Ma la donna oggi ha veramente tratto benefici da questa tanto proclamata emancipazione o è caduta in un circolo vizioso che non ha fatto altro che farle credere di essere padrona di se stessa con l’acquisizione di diritti che vengono però soffocati dai doveri che i numerosi ruoli che è costretta ad assumere le impongono?
Nella società attuale la donna si ritrova spinta a far centro solo su se stessa, con il rischio di dimenticare che il legame e la relazione con l’altro fanno parte della sua natura e della sua essenza.
Per fino i mass-media presentano continuamente lo stereotipo della donna d’oggi, bella, slanciata e con cariche importanti, quasi ad ammonire la donna che invecchia, deperisce, si deteriora fino a divenire una merce senza più alcun valore di scambio.
Certo è che la discontinuità e la doppiezza che la donna è costretta a vivere, non possono non lasciare il segno, soprattutto quando la mostruosa efficienza richiesta da casa, figli e lavoro, non lascia il giusto e dovuto spazio alla creatività e alla personalità, propria di ogni essere umano.
Se consideriamo poi il fatto che difficilmente un nucleo familiare medio può normalmente permettersi una domestica, ci si rende subito conto che la donna/lavoratrice non svolge un solo lavoro ma ne svolge due, mettendo in campo forti valenze emozionali.
Nonostante quindi si parli di mutamento e nonostante alla donna siano affidati nuovi compiti, le forme che socialmente la rappresentano sono rimaste quelle antiche, che la fissano contraddittoriamente al di fuori del mutamento, in un’astratta naturalità che nega la concretezza e la materialità della realtà quotidiana.
La teoria per la quale la donna ha dovuto dimostrare di non essere inferiore all’uomo, ad ogni costo, ad ogni prezzo, l’ha portata a doversi districare quotidianamente fra lavoro, casa e famiglia, riducendo sempre più gli spazi da dedicare a se stessa, nella convinzione di affermare la parità e l’uguaglianza fra i sessi.
Si è un po’ persa di vista la peculiarità stessa della donna, che sta anche nella sua natura biologica, e questo ha portato ad andare oltre l’emancipazione, a volte anche a strumentalizzarla per varare leggi, come quella sul lavoro notturno, che di parità non hanno nulla se non quella di estendere ad ogni persona la massima flessibilità tanto voluta da questa nostra società votata al profitto.
La società spinge infatti la donna all’impossibilità di assumere un’identificazione stabile ed è per lei molto difficile cercare di ristabilire un’unità, di identificarsi con un’immagine che riponga le contraddizioni e i conflitti causati dai suoi molteplici ruoli, dalle compresenze e dalle conciliazioni mal riuscite.
Dal punto di vista culturale credo che i problemi legati alla trasformazione dei modelli tradizionali, dell’emancipazione femminile e dell’affermazione di una propria intellettualità siano ancora parte di uno scontro sociale e di profonde rotture.
In che misura si può perciò dire che l’identità femminile esiste come identità socialmente e culturalmente formata?
E’ una domanda ancora aperta sotto molti punti di vista, ma certo è, come dice Chiara Saraceno, il modello di donna dovrebbe essere quello di “una donna la cui doppia presenza non è fatta solo di famiglia e lavoro, ma di tenerezza e razionalità, sessualità e competenze professionali, senza sbavature e senza incertezze ed anche senza soluzioni di continuità”.
Guru
PS: Di seguito troverete una poesia deducata a tutti, uomini e donne
Noi fummo testimoni e vittime silenziose
(di Maria Concetta Ferrara)
Noi fummo testimoni e vittime silenziose
di una violenza atavica, mostruosa
imbavagliate dai secoli passati
patriarcali e misogini
Secoli impotenti fin dai primordi,
da Socrate ad oggi,
contro questo male pernicioso
che permane.
Era di Eracle, eroe potente,
infettato da misoginia
che massacrò moglie e figli
e fu giustificato da “follia”
Anche gli dei di carta
furono consenzienti!
Ere Eracliali, di forza maschia,
mentalmente bruta, mai veramente finite
Ancora oggi, maschi vigliacchi e meschini,
pavidi con i forti e violenti
con chi erroneamente ritengono più deboli,
solo perché più fragili fisicamente,
si scagliano contro questi con inaudita ferocia
calpestandoli psicologicamente, fisicamente,
fino a compiere il male estremo,
l’atto caino di sostituirsi a Dio,
togliendo giorni alla vita altrui.
La cosa più triste è che a volte ci riescono
sono sbalordito!!!!
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