Articolo per Democrazia e Lavoro
di Gianni Rinaldini
30 ottobre 2015
Il governo Renzi in assoluta
continuità con le scelte dei governi precedenti ha presentato una Legge di
Stabilità che compie un ulteriore importante passaggio nella definizione di
un nuovo assetto sociale e democratico del paese.
L'impatto della manovra sulle
condizioni delle persone non si presenta con la stessa asprezza di quelle
precedenti perché, può fare leva, sugli spazi di flessibilità concessi
dall'unione europea.
Vengono confermati i vincoli del
pareggio di bilancio per il futuro - 2018 e 2019 - ma non vengono rispettati
quelli previsti per il 2016; per esempio non scatta la clausola di salvaguardia
di aumento dell'Iva e dell'accise sulla benzina (equivalenti a 16,8 miliardi di
Euro) spostati al 2017.
Questo è stato possibile perché,
come afferma il Presidente del Consiglio, “abbiamo dimostrato alla Commissione
Europea la nostra affidabilità nel dare corso alle riforme strutturali e che
vanno completate nel corso del 2016....”.
Le “riforme strutturali” sono
sempre quelle contenute nella lettera, del 2011 della Banca Centrale Europea e
della Commissione Europea: Riduzione dello Stato Sociale, privatizzazioni,
superamento del Contratto Nazionale, abolizione delle tutele sul lavoro
dipendente.
La riforma strutturale del
sistema previdenziale è stata fatta dal governo Monti con un sistema totalmente
contributivo e la cancellazione delle pensioni di anzianità.
Adesso si ragiona su eventuali
correttivi, peraltro ragionevoli e condivisibili come quelli proposti dal
sindacato, ma il sistema non è più messo in discussione anche nella sua
evoluzione automatica.
Infatti non c'è bisogno di
alcuna decisione, ma nel 2016 scatteranno automaticamente, un elevamento
dell'età pensionabile e l'adeguamento del coefficiente di rivalutazione del
montante contributivo rispetto all'aspettativa di vita.
Non c'è dubbio che trattasi di
una vera riforma strutturale perché consegna alle nuove generazioni un futuro
dove la remota possibilità di percepire una pensione dignitosa sarà determinata
sempre di più dall'appartenenza o meno ad un sistema privato, sia esso di
carattere negoziale o assicurativo.
Successivamente con il governo
Renzi, nel 2014, è stata portata a compimento la cancellazione del cuore dello
Statuto dei Diritti dei Lavoratori e delle Lavoratrici introducendo la libertà
di licenziamento e il controllo a distanza della prestazione lavorativa.
Le tutele crescenti e la
decontribuzione totale erano un imbroglio che servivano da una parte, a definire
uno sgravio alle aziende fino ad oltre 8mila Euro annui per ogni assunzione e
dall'altra, a coprire il vero obiettivo: l'abolizione dell'articolo 18.
Previdenza, abolizione delle
tutele sul lavoro sono le riforme strutturali che insieme all'aziendalizzazione
della scuola e le privatizzazioni in atto come quella delle poste, il Governo ha portato come scalpo all'Europa
per avere un margine di flessibilità.
Del resto la stessa Merkel,
rimase incredula, quando Renzi gli spiegò che era stato abolito lo Statuto dei
Diritti delle Lavoratrici e dei Lavoratori.
Con l'attuale Legge di Stabilità
siamo al completamento di questo processo.
Le proposte sul sistema fiscale
sono segnate socialmente dagli sgravi verso le imprese fino ad arrivare a
prevedere la diminuzione delle tasse sui profitti del 3,5%, qualora si
acquisissero ulteriori margini di flessibilità, dalla Commissione Europea, per
i costi dell'accoglienza dei migranti. Resta il fatto che, per gli anni 2017 e
2018, è già messo in bilancio la riduzione delle tasse sui profitti di una
quota di oltre 7 miliardi di Euro.
Nello stesso tempo la leva fiscale viene
utilizzata per incentivare e delineare il nuovo sistema contrattuale, con una
tassazione di favore del 10%, sugli aumenti retributivi aziendali che corrispondano
a criteri definiti legislativamente: la assoluta variabilità rispetto agli
obiettivi di redditività e produttività.
Il tetto fissato corrisponde a
2mila Euro, che possono diventare 2.500 se una parte viene utilizzata per il
“welfare aziendale”, perchè in tal caso, questa parte è esentasse.
Viceversa sul rinnovo dei
Contratti Nazionali del Pubblico Impiego, - bloccati dal 2009 – si prevede una
cifra ridicola.
Dal versante della spesa
pubblica il Governo riduce le risorse al sistema sanitario di 2 miliardi per il
2016, prevedendo nelle sue tabelle, tagli di circa 15 miliardi nei successivi
tre anni.
La Confindustria plaude la
manovra del Governo e dichiara che non ci sono risorse per aumenti retributivi
reali nei Contratti Nazionale, ma ci sono risorse per sviluppare il “welfare
contrattuale”, dicasi in primo luogo i fondi sanitari.
In sostanza dopo il sistema
previdenziale e le tutele, siamo al completamento con il sistema sanitario e
contrattuale.
In questo consiste la crisi
democratica del paese che dal sociale pervade
le stesse istituzioni, perché la distruzione di tutte le conquiste del
movimento operaio ridisegna il profilo dell'intera società, attraverso, come
dice il Presidente del Consiglio, riforme strutturali che negano l'esistenza
stessa della dialettica democratica tra diversi interessi.
Esiste un unico interesse,
presentato come “interesse comune” e/o “interesse del paese” che è quello del mercato, della competitività
e della produttività e, tutto deve essere reso funzionale a questo obiettivo.
Il sindacato confederale, come
espressione democratica degli interessi del mondo del lavoro subordinato e dei
pensionati, non è compatibile con questo disegno generale
Non è compatibile con un
sindacato autonomo, indipendente e democratico espressione di un altro punto di
vista e di un proprio progetto generale di cambiamento della società.
Viceversa un sindacato
aziendalista, corporativo e subalterno alle esigenze di ogni singola impresa,
con le Confederazioni che svolgono una funzione di lobby tra le lobby, è
contemplato e organico all'interno di questo disegno.
In discussione non è dunque la
sopravvivenza del sindacato in quanto tale, ma
funzione e ruolo del sindacato stesso.
Su questo la Cgil, orfana della
concertazione e dei partiti storici di riferimento, non si è mai interrogata e non ha mai aperto una discussione esplicita e trasparente sul
presente e sul futuro.
Se non si riparte da questa banale considerazione sul cosa vuole dire
oggi un sindacato fondato sui valori della solidarietà e della giustizia
sociale non serve a niente blaterare di unità sindacale a prescindere.
Non è serio fare finta di non sapere che ad esempio la Cisl ha
sostenuto tutte le riforme strutturali di questi anni e considera un proprio
successo la fiscalità di favore sulla contrattazione aziendale, prevista nella
Legge di Stabilità, per svuotare sempre più di significato, quello che rimane
del Contratto Nazionale.
Questo non significa la rottura dei rapporti con le altre
Organizzazioni Sindacali quando si conviene su obiettivi comuni a livello di
categoria e confederali, ma nello stesso tempo a fronte di posizioni diverse,
non può limitare in alcun modo l'iniziativa di mobilitazione di ogni singola
Organizzazione.
Ora, con la Legge di Stabilità,
siamo alle solite discussioni per una semplice e banale ragione che non esiste
mai una piattaforma sindacale - altra cosa sono i documenti - con degli
obiettivi discussi e approvati democraticamente dai lavoratori e dalle
lavoratrici.
Si aspetta che il Governo
decida, casomai con il benestare della Commissione Europea, e successivamente
nel migliore dei casi, si propongono degli emendamenti come se fossimo un
gruppo parlamentare.
La devastazione sociale di
questi anni si è sviluppata con questo atteggiamento subalterno delle Organizzazioni
Sindacali.
Non è possibile che tutto ciò
avvenga senza un contrasto sociale contro questa legge di stabilità, ponendo al
centro della mobilitazione, sanità, pensioni e contratti.
Una mobilitazione a partire dai
territori che sia comprensiva dello sciopero generale.
Quando si parla di fisco,
pensioni, sanità, scuola e tutele si pongono temi inerenti diritti universali,
su cui si dovrebbe esercitare il ruolo negoziale della Confederazione.
Nessun commento:
Posta un commento