CRISI. Rapporto Uil intitolato «No Pil? No job»
Dal 2008 al 2013 perso un milione di posti di lavoro-Poletti: «Il governo ha trovato 400 milioni per la cig in deroga»
Un milione di posti in meno e disoccupazione giovanile
raddoppiata. La crisi conta le vittime. Dal 2008 a oggi guadagnare è
diventato difficile per 13 milioni di persone. Un lavoratore su tre ha
incontrato difficoltà e insicurezza. Una strada costellata di cassa
integrazione sul fronte della quale arriva una buona notizia: il
governo, ha annunciato Giuliano Poletti, ministro del Lavoro ha reperito
400 milioni per cig e mobilità in deroga e a breve riuscirà a
stanziarne altrettanti.
A tracciare il profilo della situazione del lavoro, intanto, è lo studio della Uil intitolato «No Pil? No Job». In sei anni si sono dissolti un milione di posti. Di questi, 567 mila sono di dipendenti. «420 mila di lavoratori autonomi», evidenzia la Cgia di Mestre che sottolinea come l´onda lunga delle difficoltà economiche non conosca confini tra categorie. Il tasso di disoccupazione dal 6,7 è al 12,2%, e per i giovani dal 21,3 al 40%. E sale ancora.
Ma le persone che hanno avvertito la crisi sono 13 milioni, stima la Uil. Una persona su 3 in età lavorativa. Il rosario delle difficoltà, se si guarda al solo 2013, conta 4,2 milioni di persone hanno vissuto l´esperienza degli ammortizzatori (cig, mobilità, Aspi e mini Aspi), con un +57% rispetto al 2008 (1,5 milioni di persone in più); 3,1 milioni di persone alla ricerca attiva di un posto, +83,8% rispetto al 2008 (+1,4 milioni di persone); 1,8 milioni i rassegnati che non cercano più. C´è l´aumento del part time volontario (70,1%), 2,2 milioni di persone hanno un lavoro a termine; oltre 1 milione di persone ha un contratto di lavoro non subordinato ma che nasconde rapporti di lavoro dipendente. A questi andrebbero aggiunti 400mila persone che, pur lavorando con partita Iva, svolgono lavoro subordinato.
Sul territorio la Uil ha incrociato tre indicatori, divisi in 9 parametri, per calcolare la «sofferenza occupazionale»: mercato del lavoro, ammortizzatori sociali, reddito medio. Sono 9 le Regioni con indice di disagio sopra la media nazionale: alle 8 Regioni medirionali si aggiungono le Marche. A guidare la classifica, la Calabria Campania e Puglia; meno malessere in Lombardia, nella Provincia Autonoma di Bolzano e in Veneto.
Serve un «buon cambiamento», ha commentato il segretario confederale, Guglielmo Loy, che non può prescindere due fattori fondamentali: il lavoro e l´inclusione sociale. Lavoro per il maggior numero di persone, lavoro di qualità e che garantisca certezza di reddito e inclusione sociale, come condizione per evitare che il cambiamento «lasci per strada» i più deboli.
A tracciare il profilo della situazione del lavoro, intanto, è lo studio della Uil intitolato «No Pil? No Job». In sei anni si sono dissolti un milione di posti. Di questi, 567 mila sono di dipendenti. «420 mila di lavoratori autonomi», evidenzia la Cgia di Mestre che sottolinea come l´onda lunga delle difficoltà economiche non conosca confini tra categorie. Il tasso di disoccupazione dal 6,7 è al 12,2%, e per i giovani dal 21,3 al 40%. E sale ancora.
Ma le persone che hanno avvertito la crisi sono 13 milioni, stima la Uil. Una persona su 3 in età lavorativa. Il rosario delle difficoltà, se si guarda al solo 2013, conta 4,2 milioni di persone hanno vissuto l´esperienza degli ammortizzatori (cig, mobilità, Aspi e mini Aspi), con un +57% rispetto al 2008 (1,5 milioni di persone in più); 3,1 milioni di persone alla ricerca attiva di un posto, +83,8% rispetto al 2008 (+1,4 milioni di persone); 1,8 milioni i rassegnati che non cercano più. C´è l´aumento del part time volontario (70,1%), 2,2 milioni di persone hanno un lavoro a termine; oltre 1 milione di persone ha un contratto di lavoro non subordinato ma che nasconde rapporti di lavoro dipendente. A questi andrebbero aggiunti 400mila persone che, pur lavorando con partita Iva, svolgono lavoro subordinato.
Sul territorio la Uil ha incrociato tre indicatori, divisi in 9 parametri, per calcolare la «sofferenza occupazionale»: mercato del lavoro, ammortizzatori sociali, reddito medio. Sono 9 le Regioni con indice di disagio sopra la media nazionale: alle 8 Regioni medirionali si aggiungono le Marche. A guidare la classifica, la Calabria Campania e Puglia; meno malessere in Lombardia, nella Provincia Autonoma di Bolzano e in Veneto.
Serve un «buon cambiamento», ha commentato il segretario confederale, Guglielmo Loy, che non può prescindere due fattori fondamentali: il lavoro e l´inclusione sociale. Lavoro per il maggior numero di persone, lavoro di qualità e che garantisca certezza di reddito e inclusione sociale, come condizione per evitare che il cambiamento «lasci per strada» i più deboli.
dal BresciaOggi
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