Venerdì 16 novembre 2012, presso la biblioteca
comunale di Ospitaletto, si è svolto un importante incontro pubblico sul tema
dei Referendum sul lavoro.
Sono intervenuti in una partecipata assemblea i
segretari generali della FIOM/CGIL di Brescia Francesco Bertoli, e della
FILCTEM/CGIL di Brescia Ugo Cherubini
La raccolta firme in difesa del mondo del lavoro
rappresenta una straordinaria occasione non soltanto per difendere il
principio, che non si può accettare la
compressione dei diritti, ma anche per identificare e rilanciare il mondo
del lavoro come soggetto vitale della e per la democrazia.
«Questi due referendum non hanno
un valore simbolico. Sono l’unico modo per riscrivere l’agenda della politica
costringendola ad occuparsi dei diritti.
Sono un modo per impedire la cosa più grave che sta accadendo: la privatizzazione del diritto del lavoro».
L'articolo 8 della finanziaria del governo Berlusconi
(agosto 2011) ha abolito il valore del
contratto nazionale permettendo deroghe sulle disposizioni di legge e sui
diritti fondamentali dei lavoratori.
Mentre il governo Monti, con la riforma Fornero, ha cancellato, dall'articolo 18, la norma
che imponeva il reintegro del lavoratore licenziato senza giusta causa o
giustificato motivo a fronte di una sentenza del giudice del lavoro
favorevole al lavoratore stesso.
Una
bella discussione, dove i due segretari
generali hanno messo a fuoco l’importanza del problema della rappresentanza
sindacale in Italia, partendo da Pomigliano, Mirafiori della vicenda FIOM.
Che l'attacco al contratto
nazionale e all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori va inserito
all'interno di un processo ormai trentennale volto alla completa
destrutturazione dei diritti e delle tutele dei lavoratori. Con le modifiche
alla legislazione sul lavoro varate dai Governi Berlusconi-Monti, tra l'altro
senza nessun accordo con le parti sociali, si sono andate a smontare le
principali difese sia individuali che collettive per chi lavora, alterando
irrimediabilmente i rapporti di forza all'interno dei luoghi di lavoro.
Tutto questo sta avvenendo a
tappe forzate sotto la direzione e supervisione di tutto l'establishment
economico e finanziario europeo. Chi guida tale restaurazione sociale usa
politicamente la crisi con il solo obiettivo di salvaguardare i profitti agendo
su diritti e salari dei lavoratori e ponendo quindi le basi per una nuova fase
di accumulazione del capitale
Il
referendum sul lavoro è una battaglia di civiltà per il ripristino di diritti
fondamentali e i diritti non sono in contrapposizione allo sviluppo, come
molti oggi vorrebbero far credere
Al contrario, è dai
contenuti che bisogna partire. Negli ultimi due
anni, con la vicenda Fiat, da Pomigliano in poi, si è aperta una fase
costitutiva dei rapporti di lavoro. Siamo al capovolgimento della lotta di
classe.
Per di più, la fa con
una copertura legislativa come quella offerta dall’articolo 8 della cosiddetta «manovra di agosto»,
l’ultima del governo Berlusconi, che oggi i referendum anti Fornero puntano a
cancellare ma che, è stato scritto sotto la dettatura di Marchionne per dare un
riconoscimento legale agli strappi messi in campo dalla Fiat rispetto al
contratto nazionale.
Oggi è completamente saltato il meccanismo redistributivo, ci
sono profonde ingiustizie a partire dalle questioni fiscali sino a quelle
contrattuali che aggravano la condizione reddituale, ed è per questo che
l’iniziativa referendaria è importante. L’art.8 ne è un esempio. Si
tratta di una norma che va a cancellare i contratti nazionali di lavoro
agendo su due aspetti. Il primo è quello delle persone. I lavoratori perdono i
benefici del contratto nazionale di lavoro e si ritrovano a fare i conti con il
solo contratto aziendale.
L’obiettivo, oltre a quelli espliciti dell’abrogazione dell’art. 8 e del
ripristino della versione originale dell’art. 18, è quello di riportare il
lavoro concretamente al centro dell’agenda politica nazionale, ma con autonomia
del sindacato, che deve pensare ad andare OLTRE i REFERENDUM.
Poi sul patto di produttività che si stà discutendo con il governo: “Tagli agli ammortizzatori sociali che rischiano di
mandare il sistema in tilt.
Democrazia e
rappresentanza; tutela del potere d'acquisto; strutturalità delle risorse;
demansionamento; controllo a distanza.
Bisogna far capire a
tutti i soggetti coinvolti nella vicenda che un accordo interconfederale sulla
produttività senza l’adesione della Cgil non serve a nulla, non è utile al
Paese, perché poi nelle aziende si dovranno fare i conti comunque con la Cgil.
Tutto questo dimostra che c’è un
problema che va al di là dei due referendum proposti: nell’ultimo ventennio il
lavoro è uscito dall’agenda politica e sociale di questo Paese. Nel momento in
cui ce ne se occupa lo si fa in questo modo, tagliando i diritti dei lavoratori.
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