Domenica 2 settembre, nella cornice della Festa di
Liberazione di Ospitaletto, si è tenuta una conferenza per
sensibilizzare le persone sul tema della violenza sulle donne. “Il
silenzio che uccide”, questo il titolo dell’incontro.
“Mi sono messo al lavoro - spiega il relatore - per
capire il mondo maschile che secondo me si trova in una situazione
drammatica. Per me parlare del silenzio che uccide significa parlare del
silenzio degli uomini. Le donne la questione l’hanno posta, ora tocca
agli uomini trasformare il loro modo di vedere. Perché gli uomini
restano in silenzio di fronte alla violenza di genere? Secondo me è il
silenzio proprio della banalità del male, a dirla con Hannah Aredt, un
silenzio che si genera nell’ottusa connivenza. Si trasmette con il mezzo
sorriso, la pacca sulla spalla, il “siamo fatti così”. Un silenzio che
s’interrompe solo per dire “io non c’entro”.
“Sono tanti i silenzi che uccidono - ha esordito
Gabriella Bertoglio - in primis il silenzio istituzionale di fronte ai
tragici dati che emergono (ogni due giorni in Italia una donna viene
uccisa per mano del proprio partner, o ex, o parente). Si tratta della
prima causa di morte delle donne fra i 16 e i 44 anni. Poi c’è il
silenzio di un’informazione cieca e distorta, che agisce a spot, che
definisce il singolo episodio come “delitto passionale”, “raptus di
follia”.
“Non sopportava di essere lasciato” - sottolinea
Bertoglio - è una delle più frequenti “giustificazioni” adottate dal
mondo dell’informazione. E’ come se si cercasse una scusante, o facili
psicologismi, quasi che la donna non fosse vittima, quasi che fosse
complice prestabilita del proprio destino. La famiglia, luogo degli
affetti, diventa gabbia, luogo di sopraffazione”. Bertoglio indica un
ulteriore silenzio: quello delle donne che si sono illuse che le
conquiste in termini di parità sarebbero state irreversibili.
Il filosofo Marco Eggenter parte dal famoso racconto
di Talete e la servetta tracia (ricordate? Il filosofo presocratico
Talete vaga con la testa fra le nuvole tanto da cadere in una buca e la
giovane donna scoppia a ridere), per dare conto del proprio interesse
per le donne nella ricerca filosofica, al di fuori dell’impostazione
classica e metafisica. “Mi sono specializzato - spiega Hggenter - nella
filosofia pratica, che guarda in terra prima di guardare in cielo. La
mia ricerca filosofica parte dall’esperienza. E la mia prima esperienza è
quella di essere un uomo”.
“Bisogna agire - continua - per cambiare gli
stereotipi. Questo è il compito cui noi uomini oggi siamo chiamati”.
“Noi uomini - conclude - non abbiamo le parole per saper dire il dolore
di un abbandono. Ci siamo esercitati per millenni ad esercitare la
violenza come unico rimedio alla sofferenza. Dobbiamo dire basta a
questa situazione ed imparare a parlare di noi. Credo che si possa
ripartire dalla scoperta della tenerezza di essere padri”.
Piera Stretti ha concluso l’incontro parlando
dell’esperienza della Casa delle Donne, una realtà presente a Brescia
dal 1989 a diretto contatto con le situazioni più problematiche.
da OSPITALETTO.ORG
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