martedì 18 settembre 2012

Violenza sulle donne: il silenzio che uccide

Domenica 2 settembre, nella cornice della Festa di Liberazione di Ospitaletto, si è tenuta una conferenza per sensibilizzare le persone sul tema della violenza sulle donne. “Il silenzio che uccide”, questo il titolo dell’incontro.
“Sono tanti i silenzi che uccidono - ha esordito Gabriella Bertoglio - in primis il silenzio istituzionale di fronte ai tragici dati che emergono (ogni due giorni in Italia una donna viene uccisa per mano del proprio partner, o ex, o parente). Si tratta della prima causa di morte delle donne fra i 16 e i 44 anni. Poi c’è il silenzio di un’informazione cieca e distorta, che agisce a spot, che definisce il singolo episodio come “delitto passionale”, “raptus di follia”.
“Non sopportava di essere lasciato” - sottolinea Bertoglio - è una delle più frequenti “giustificazioni” adottate dal mondo dell’informazione. E’ come se si cercasse una scusante, o facili psicologismi, quasi che la donna non fosse vittima, quasi che fosse complice prestabilita del proprio destino. La famiglia, luogo degli affetti, diventa gabbia, luogo di sopraffazione”. Bertoglio indica un ulteriore silenzio: quello delle donne che si sono illuse che le conquiste in termini di parità sarebbero state irreversibili.
Il filosofo Marco Eggenter parte dal famoso racconto di Talete e la servetta tracia (ricordate? Il filosofo presocratico Talete vaga con la testa fra le nuvole tanto da cadere in una buca e la giovane donna scoppia a ridere), per dare conto del proprio interesse per le donne nella ricerca filosofica, al di fuori dell’impostazione classica e metafisica. “Mi sono specializzato - spiega Hggenter - nella filosofia pratica, che guarda in terra prima di guardare in cielo. La mia ricerca filosofica parte dall’esperienza. E la mia prima esperienza è quella di essere un uomo”.
“Mi sono messo al lavoro - spiega il relatore - per capire il mondo  maschile che secondo me si trova in una situazione drammatica. Per me parlare del silenzio che uccide significa parlare del silenzio degli uomini. Le donne la questione l’hanno posta, ora tocca agli uomini trasformare il loro modo di vedere. Perché gli uomini restano in silenzio di fronte alla violenza di genere? Secondo me è il silenzio proprio della banalità del male, a dirla con Hannah Aredt, un silenzio che si genera nell’ottusa connivenza. Si trasmette con il mezzo sorriso, la pacca sulla spalla, il “siamo fatti così”. Un silenzio che s’interrompe solo per dire “io non c’entro”.
“Bisogna agire - continua -  per cambiare gli stereotipi. Questo è il compito cui noi uomini oggi siamo chiamati”. “Noi uomini - conclude - non abbiamo le parole per saper dire il dolore di un abbandono. Ci siamo esercitati per millenni ad esercitare la violenza come unico rimedio alla sofferenza. Dobbiamo dire basta a questa situazione ed imparare a parlare di noi. Credo che si possa ripartire dalla scoperta della tenerezza di essere padri”.
Piera Stretti ha concluso l’incontro parlando dell’esperienza della Casa delle Donne, una realtà presente a Brescia dal 1989 a diretto contatto con le situazioni più problematiche.

da OSPITALETTO.ORG

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