lunedì 16 gennaio 2012

MOHAMMED ALI' IL PIU' GRANDE

«Non ho niente contro i Viet Cong… Loro non mi hanno mai chiamato negro». Bastò una frase come questa, negli anni Sessanta a sconvolgere l’America conservatrice e guerrafondaia e a condannare lui “Il più grande” ad interrompere la marcia trionfale che lo stava accompagnando sul ring. Mohammed Alì, un tempo Cassius Clay (un nome da bianco cancellato al momento dell’adesione alla Nazione Musulmana), quella frase, come tutte le sue affermazioni, la pronunciò con nettezza e coraggio e ne pagò le conseguenze. Titoli e licenza ritirati, un marchio di infamia, il tentativo di mandarlo in carcere per renitenza alla leva e una multa per i tempi stratosferica 5 milioni di dollari. Aveva cominciato a tirare di guanti per rabbia. Racconta una storia ormai divenuta leggenda che era appena stato derubato della bicicletta, quando il suo sguardo incontrò una palestra che cambiò la sua vita. Titolo olimpico a Roma, nel 1960 e poi una saettante carriera da professionista che lo portò a strappare due volte ad un’altra leggenda della boxe, Sonny Liston, il titolo mondiale dei massimi. «La boxe è uno sport in cui tanti bianchi si eccitano a vedere due neri che si massacrano». Ebbe a dire Mohammed Alì in un'altra delle sue affermazioni sferzanti. Fu amico di Martin Luther King e di Malcolm X, conobbe il razzismo e il perbenismo patriottardo rinnegando il paese che gli aveva dato i natali per il bene assoluto della pace. Mai vinto, riavuto la licenza tornò a combattere nel 1971 ancora più arrabbiato e consapevole di prima. Era diventato l’emblema dell’Africa che non si arrende e scelse proprio Kinshasa, nell’allora Zaire, per riconquistare il titolo, il suo titolo. Un match da brivido che l’ipocrita tv italiana non trasmise in diretta, contro di lui George Foreman, gigante texano a suo modo un emblema, quello dell’atleta nero integrato e benvoluto. L’incontro, raccontato magnificamente nel film documentario “Quando eravamo re” divenne presto leggenda. “Vola come un ape e pungi come una farfalla” Uno stile inimitabile fatto di scatto, velocità, energia e potenza, Mohammed Alì incassò per otto interminabili round la potenza di Foreman per poi schiantarlo mentre una folla inebriata urlava, “uccidilo, uccidilo”. Mohammed Alì che sul ring insultava ferocemente gli avversari, li provocava, li irrideva, fino a far perdere loro il controllo, di fatto li rispettava e quando finivano in difficoltà, li aiutava.

Anni fa incontrò un nemico apparentemente più potente, il morbo di Parkinson, lo affronta tremando ma ancora con lo sguardo di chi non abbassa la testa, di chi non si rassegna. Buon compleanno Mohammed Alì, Settanta anni ed un epopea che resiste nel tempo. Quella di un atleta che prima di essere carne da spettacolo, ha sempre dimostrato di essere una persona.

http://www.controlacrisi.org

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