In città la manifestazione è stata caratterizzata anche dall'opposizione a Berlusconi, senza la partecipazione di esponenti di destra. Tra i temi più sentiti la difesa della scuola pubblica
«Dopo il 13 febbraio nuovamente piazza Rovetta piena di gente» osserva soddisfatto dal palco Damiano Galletti, segretario della Camera del Lavoro di Brescia che ha promosso il presidio di ieri pomeriggio in difesa della Costituzione e della scuola pubblica assieme a Libertà e Giustizia, Anpi, Arci, Unione degli studenti, e al quale hanno aderito Pdci, Prc, Sel, giovani Idv, Auser, Popolo Viola, Movimento 5 stelle, Meetup Beppe Grillo, Agende Rosse, Se non ora quando. Esponenti di partiti e associazioni in piazza senza bandiere specifiche ma solo con il Tricolore, accompagnati da centinaia di cittadini di ogni età.
LA TRASVERSALITÀ generazionale è quello che più colpisce di questa iniziativa, che a livello nazionale vedeva molti partiti - in diverse piazze italiane tra gli organizzatori c'erano anche realtà di centrodestra - ma che a Brescia era caratterizzata dall'assenza della destra. Nonni e nipoti, genitori e figli, professori e alunni, con bandiere italiane e cartelli che spaziavano dal più scontato «Berlusconi dimettiti», al più originale «Discorso di Pericle agli ateniesi», retto da Edoardo, 13 anni, studente della media «Lana», in piazza con la madre «soprattutto in difesa dell'articolo 9 della Costituzione, quello sulla scuola pubblica - spiega con competenza - che oggi mi sembra più scadente rispetto al passato: non facciamo più gite e i professori devono fare supplenze gratuitamente». Quando gli chiediamo che cosa significa per lui il Tricolore la sua sicurezza vacilla leggermente: «È il simbolo dell'Italia unita - risponde - ed essere uniti è importante per farcela tutti assieme». Più drastica Elisa, di terza superiore al Gambara: «Per me il Tricolore non significa nulla, non credo nella patria e di questi tempi non vedo la presenza di valori, anche se ce n'è un gran bisogno».
Con stupore misto ad amarezza la sua professoressa di filosofia, Silvana Gitto, ascolta e ribatte: «La scuola sta insegnando cose sbagliate, non insiste sui valori importanti: nelle mie ore cerco di esaltare l'onestà e la giustizia; in questi tempi mi dispiace non insegnare anche storia». La professoressa porta al collo un cartello con scritto: «Formazione escort, scuola privata cercasi» e quando le si chiede di spiegarlo un sorriso beffardo le si disegna sul volto: «Bisogna al più presto aprire una scuola di bunga bunga, se poi si vuole fare i corsi del Cepu!».
Anche Stella Uberti, universitaria di 20 anni, regge un cartello che riporta l'articolo 9 della Costituzione, assieme ad un altro che richiama un illustre precedente storico: «I have a dream», e sotto la scritta la figura di Berlusconi dietro le sbarre. «Mi sta molto a cuore la parte della Costituzione dedicata alla scuola pubblica» spiega. Mentre quando si sposta il discorso alla bandiera italiana, risponde: «Noi giovani abbiamo perso il riferimento a questo simbolo: io non mi sento patriottica, perché non mi sento rappresentata dall'Italia di oggi né da questo governo di cui non condivido soprattutto il modo intollerante di pensare». Per quel che riguarda l'unità infine Stella valuta che «è sì valore, che però oggi è minato, soprattutto dalla Lega».
Oltre a queste presenze giovani in piazza vi sono anche persone più adulte o anziane, dagli aderenti all'Anpi ai sindacalisti.
Ascoltano le letture di alcuni articoli della Costituzione e i commenti di chi li declama, come quello di Gisella Bottoli, tra le principali organizzatrici, che, oltre a ricordare «perché siamo qui: in difesa di una democrazia che sta rischiando di diventare una parola vuota, per i diritti e non per i favori, per la sicurezza e non per la protezione» lancia un monito ai partiti di sinistra: «Con questo governo non c'è niente da ridiscutere sulla Costituzione». Parole accolte da uno scroscio di applausi, che si ripetono quando Marco Fenaroli, presidente dell'Anpi, legge l'articolo 13, che sancisce l'inviolabilità del domicilio, osservando che «a molti immigrati degli oltre 180mila presenti sul territorio bresciano questo articolo non è garantito, come è successo a White Christmas e in tante altre occasioni meno eclatanti».
LA PIAZZA è stato anche un luogo di promozione per prossime iniziative in difesa dei diritti, dall'incontro «Donne e Costituzione» di lunedì, a quello del 22 marzo con Marco Bersani in difesa dell'acqua pubblica, ad altri momenti sparsi in tutto il bresciano a testimonianza di una voglia di partecipazione che il presidio di ieri ha nuovamente confermato.
Attorno alle 17 il presidio si scioglie, con i saluti affidati alla musica che ha accompagnato il pomeriggio e che termina con «Valle Giulia», canzone studentesca di tanti anni fa ma che sembra scritta dai manifestanti di oggi, con il suo ritornello che ripete: «No alla scuola dei padroni, via il governo dimissioni».
dal BresciaOggi
Nessun commento:
Posta un commento