sabato 18 dicembre 2010

«Il lavoro nero sfrutta la clandestinità»

«I temi della clandestinità e del lavoro nero dovrebbero essere al centro della riflessione e della discussione del tavolo appositamente creato in Prefettura. Purtroppo, dopo il primo incontro, abbiamo l'impressione che da parte del prefetto e delle autorità locali non ci sia alcuna intenzione di discutere dei veri modi che riguardano immigrazione, lavoro e permessi di soggiorno» scrive Damiano Galletti, segretario generale della Cgil di Brescia.

Ed aggiunge: «Assistiamo, insomma, ad una crescente chiusura e, ci permettiamo di aggiungere, ad una pretesa di negare la realtà. Questo avviene mentre ad Adro, a distanza di tre mesi e dopo prese di posizione di ministri e sentenze della magistratura, i soli delle Alpi continuano ad essere presenti e visibili nella scuola».
Nell'analisi, Galletti sottolinea come «la lotta al lavoro nero sia sempre stata tra i principali ambiti di azione della Cgil ed è questo uno dei motivi per cui, come sindacato, ci b
attiamo e mobilitiamo per favorire l'emersione degli immigrati che lavorano ma non sono in regola con il permesso di soggiorno. Si sa, infatti, che spesso clandestinità e lavoro nero vanno a braccetto: vale nei cantieri edili, nelle stalle, nella distribuzione dei volantini pubblicitari delle catene commerciali e nel lavoro di cura famigliare». Continua: «Sono questi i temi che, al di là dei giudizi di merito sulle forme della stessa, hanno caratterizzato la protesta dei migranti sulla gru di via San Faustino il mese scorso. Questa vicenda, però, invece di squarciare il velo delle ipocrisie e delle retoriche sulla legalità, ha purtroppo dato il via ad una stretta nell'applicazione della legge sulla clandestinità. C'è l'impressione che ci sia stato un cambio di passo nell'azione repressiva: ci si chiede se sia imposto dal ministero a prefettura e questura». Infine, sulla vicenda della morte dell'immigrato nella caserma dei Carabinieri di piazzale Tebaldo Brusato. «Non vogliamo entrare nel merito, nella speranza che si possa sapere al più presto cosa sia accaduto. Ma crediamo che sia più che legittimo chiedersi se sia possibile che una persona, con alcune patologie dichiarate, possa essere trattenuta per 36 ore in una cella senza riscaldamento».

da un link di facebook

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