lunedì 7 giugno 2010

“REFERENDUM SULL’ACQUA”


È andata molto bene la raccolta firme per promuovere il “referendum sull’acqua” iniziata il 24 aprile, ha già raggiunto quota 800.000 adesioni: un vero successo, se si considera che l’obiettivo minimo è di 500.000 firme e che, per avere un buon margine di sicurezza, il comitato promotore (Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua) puntava a 700.000 firme entro il 4 luglio, quindi ben oltre ogni aspettativa.

Anche ad Ospitaletto nelle giornate di giovedì 3 al mercato e domenica 6 giugno in piazza Roma, le forze promotrici (Federazione della Sinistra, Circolo ACLI, Legambiente, Partito Democratico, Verdi) sono state molte le firme raccolte e molto l’interesse delle persone su questo delicato TEMA.

Ma riepiloghiamo il motivo della campagna referendaria. I quesiti referendari, che saranno tre (tutti inerenti all’acqua), intendono abrogare il decreto legge chiamato ‘decreto Ronchi’, ma anche le norme approvate in passato da governi di centro-sinistra, nelle quali di fatto si rende l’acqua una merce, sottoponibile dunque a tutte le leggi e le regole del mercato che naturalmente hanno come scopo il profitto e non la distribuzione di un servizio vitale come quello idrico.

Il ‘decreto Ronchi’, inoltre, non tiene in considerazione che laddove la privatizzazione è stata effettuata le bollette sono drasticamente aumentate (anche del 30 per cento) e la modernizzazione degli impianti è non è stata effettuata: un fatto normale se si pensa che nella logica del profitto l’unico scopo è quello di incrementare gli utili della società, non certo la qualità del servizio. Si lascerebbe così la gestione dell’acqua in mano a grosse multinazionali (la Nestlè, ad esempio, ci ha messo gli occhi da tempo) o, ancora peggio, al malaffare della criminalità organizzata, come è già successo per la gestione dei rifiuti, di fatto controllata dalla camorra in diverse regioni d’Italia.

In sostanza l’abrogazione del ‘decreto Ronchi’ rimanderà l’affidamento del servizio idrico integrato al vigente articolo 114 del decreto legislativo n. 267/2000, nel quale si stabilisce che la gestione del servizio idrico deve essere in mano ad enti di diritto pubblico, che lo qualificano come strutturalmente e funzionalmente “privo di rilevanza economica”, servizio di interesse generale e privo di profitti nella sua erogazione.

Sarebbe questo un ottimo punto di partenza per l’approvazione della legge di iniziativa popolare depositata in parlamento nel 2007 dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, corredata da oltre 400.000 firme dei cittadini e nel quale si rafforza l’idea che la gestione del servizio idrico deve rimanere pubblica. Una legge depositata tre anni fa che non è mai stata discussa; anzi, è stata bypassata dal ‘decreto Ronchi’.

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