domenica 13 giugno 2010

Intervista a Landini (Fiom): «Pomigliano è decisiva»


di Francesco Piccioni (ilManifesto del 13 giugno 2010)

Intervista al segretario della Fiom Maurizio Landini: «Se la Fiat sfonda, cambieranno le relazioni industriali nel Paese.
Il diritto di sciopero non si può limitare per contratto»
Non ci poteva essere esordio più probante di questo, per il nuovo segretario dei metalmeccanici Cgil. Maurizio Landini non ha avuto neppure il tempo di prender atto di aver ricevuto i galloni del comando che subito si è trovato al centro della battaglia più carica di conseguenze degli ultimi 50 anni.
C'è stato o no un accordo, venerdì?
No. Non ho notizie di cosa sia successo dopo, ma ieri sera (venerdì, ndr) non è stato firmato nulla. La Fiat ha semplicemene chiesto l'adesione delle organizzazioni sindacali alla sua proposta conclusiva. Le altre organizzazioni hanno dichiarato che, pur non condivindola, aderivano. La Fiom ha detto che non era accettabile e che per noi il negoziato non era concluso; in ogni caso ci siamo riservati una valutazione complessiva nel comitato centrale di lunedì. La Fiat ha preso atto delle adesioni, ma ha detto che non veniva firmato nulla perché doveva verificare se l'applicabilità di quell'intesa era possibile anche senza la Fiom.
Ma qual'è il punto che fa problema? E' utile sapere questo. A Pomigliano, nei mesi scorsi, la Fiat ha disdettato tutti gli accordi su gestione degli orari e organizzazione del lavoro applicati nel resto del gruppo.
Perché?
Voleva farne uno nuovo, questo. Che non solo prevede l'utilizzo di 18 turni settimanali, ma anche 120 ore di straordinario obbligatorio (solo 40 nel contratto), la riduzione delle pause sulle catene da 40 a 30 minuti, la possibilità per l'azienda di «comandare» lo straordinario anche durante la mezz'ora di pausa mensa; di poter recuperare i ritardi di produzione anche se dovuti a problemi di forniture; di non pagata la malattia come se si supera una certa soglia «media» di assenze tra tutti i lavoratori. In più, deroghe al contratto nazionale, ma anche alla legge. Quando fai i turni sulle catene la legge dispone che devi avere almeno 11 ore di riposo da un turno all'altro, e altre regole. Fiat vorrebbe «derogare» per gestire gli orari come ritiene più opportuno. Infine viene fissata una serie di «sanzioni» mai viste prima in Italia. Si dice che se non viene rispettato quell'accordo, o se le organizzazioni sindacali (Rsu, delegati) mettono in atto azioni per la gestione o il miglioramento di quell'accordo, vengono sanzionate. La organizzazioni o le Rsu perderebbero parte dell'agibilità; mentre il singolo lavoratore che aderisce a uno sciopero commetterebbe un'infrazione disciplinare che può arrivare anche al licenziamento «per mancanza». È un procedimento che mette in discussione il diritto collettivo di contrattare le condizioni di lavoro e il diritto di sciopero.
Costituzionalmente individuale...
Esatto. E anche «indisponibile» per i sindacati, proprio perché individuale, di ogni cittadino. Questo è il punto su cui la Fiat ha detto «o è così o non si fa l'investimento». Siamo in presenza di una proposta che non riguarda la riorganizzazione del lavoro per costruire 300.000 Panda, ma di fronte a una deroga da contratti e leggi che cancella il contratto nazionale, introduce un nuovo sistema di relazioni dove si impedisce a lavoratori e sindacati di poter agire in modo collettivo. Ha un carattere generale. Se accettiamo che in Fiat, per fare investimenti, non valgono più contratti e leggi, credo che tutte le imprese chiederanno altrettanto. Non è vero che per investire in Italia sia necessario liberarsi delle leggi e dei contratti. Una competizione basata solo sulla riduzione di costi, diritti e salari, non fa che portare sempre più indietro il nostro paese. Non più avanti.
Ci risulta che la Fim-Cisl avesse accettato la «licenziabilità per sciopero», proponendo però di limitare l'«esperimento» alla fase di avvio del nuovo modello. Ma Rebaudengo avrebbe detto «no, lo vogliamo per sempre». È vero?
La Fiat lo ha giudicato impraticabile perché l'accordo non doveva avere scadenza; lo ritiene la «struttura» del nuovo sistema di relazioni sindacali a Pomigliano. Noi abbiamo avanzato proposte per la gestione degli orari e fare le 300.000 macchine. Se Fiat chiede la certezza di una quota di produzione giornaliera e annuale, noi diciamo che applicando il contratto nazionale in vigore si può già arrivare a 16-18 turni, gestire gli orari, gli straordinari obbligatori e quelli da concordare, ecc. Condizionare l'investimento alla libertà assoluta di gestione della forza-lavoro, senza tutele sulla sicurezza e orari estensibili ad libitum (nemmeno la pausa per mangiare), significa voler usare questa situazione non per far funzionare meglio l'impresa, ma per aprire una fase di rapporti completamente diversi dentro le fabbriche.
Ora il referendum viene chiesto anche dalla Fiat e dalle organizzazioni che non l'hanno mai voluto. Se ci dovesse essere cosa fa la Fiom?
In realtà siamo di fronte a un ricatto. Se uno dice «sì» e accetta la posizione dell'azienda, c'è l'investimento. Se dice «no» l'azienda chiude? Di solito si vota «no» per riaprire le trattative e fare un accordo migliore. Lo statuto della Cgil dice comunque che ci sono dei diritti «indisponibili» per la contrattazione. Come Cgil non possiamo firmare accordi che limitano il diritto di sciopero o derogano dalle leggi. Quindi non possiamo neanche mettere ai voti la possibilità che questo accada. Il referendum è una cosa seria. Non si possono fare accordi o contratti separati, e lì si rifiuta il voto dei lavoratori, mentre oggi, perché lo chiede la Fiat, tutti sono disposti a farlo. Allo stato attuale, dunque, bisognerebbe sapere con esattenza qual è il quesito su cui votare e a cosa serve. Alla Fiat abbiamo detto che quella proposta è inaccettabile, ma ci siamo riservati una risposta conclusiva e definitiva dopo il nostro Comitato centrale. E non credo che la discussione si esaurirà nel dire sì o no, ma punterà a sottoporre alle altre parti una possibile proposta di soluzione. Non abbiamo nessuna intenzione di permettere alla Fiat di non fare l'investimento a Pomigliano.
Questa partita è generale. Lo ammettono anche i padroni: vogliono un «cambiamento di cultura»...
Non ci vedo un grande elemento «culturale». Voglio abbassare tutele, diritti, salari; eliminare il contratto nazionale e passare a una fase in cui le iimprese hanno mano libera nella gestione dei processi. Non è un caso che il ministro Sacconi abbia citato più volte Pomigliano come un accordo che «dovrebbe fare scuola». Troverei più utile invece che il governo indicasse una politica industriale per dotare il paese di un sistema di mobilità elettrica, incentivare la mobilità sostenibile, ecc. Se il ruolo del governo è smantellare il diritto del lavoro, questo è devastante per i lavoratori e il sistema industriale.
Anche per la democrazia?
Non c'è dubbio. Si pensa di usare questa crisi per farla pagare due volte a chi lavora. E per cambiare il sistema democratico e costituzionale. Mentre in Parlamento fanno la legge-bavaglio per la stampa, in fabbrica - con la proposta della Fiat - il bavaglio vogliono metterlo a tutti i lavoratori.

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