Una Fiat con il “cuore” in Italia - sentimentalmente parlando - ma con il baricentro produttivo all’estero e con il proprio quartier generale a Detroit, negli Stati Uniti, all’indomani della scontata fusione con Chrysler. E’ questo il percorso per il settore auto disegnato dal piano industriale 2010-2014 illustrato ieri a Torino dall’amministratore delegato Sergio Marchionne.
La conferma dell’annunciato “spin off” «nel giro di sei mesi» - vale a dire lo scorporo di Fiat Auto dal resto del gruppo - e la promozione a presidente del giovane rampollo della famiglia Agnelli, John Elkann, fanno parte di questa strategia. Come spiegava ieri il Financial Times, anche se «Fiat Auto probabilmente resterà uno degli investimenti fondamentali di Exor, l’obiettivo logico di Elkann deve essere quello di far crescere anche gli altri investimenti» della holding di famiglia. Marchionne avrà così mano libera per dedicarsi alla nuova società che nascerà dalle nozze con Chrysler, di cui probabilmente la Fiat assumerà il controllo. Quanto a Luca di Montezemolo, rimarrà nel cda e manterrà la carica di presidente della Ferrari. In attesa che maturino le condizioni per un eventuale ingresso in politica che lui ha, per ora, escluso.Comunque sia, di che cosa intenda fare Montezemolo “da grande” ai lavoratori, compresi quelli che ieri hanno dato vita insieme alla Fiom a un presidio davanti alla sede del Lingotto, interessa poco, per non dire nulla. Quello che a loro preme - e che dovrebbe premere anche al governo - è che in Italia si continuino a produrre almeno le auto necessarie per soddisfare il mercato interno. Proprio su questo versante è giunta ieri dal Lingotto la novità più clamorosa. A differenza di quanto affermato nel dicembre scorso a Palazzo Chigi, Marchionne ha infatti reso noto agli analisti finanziari che gli impianti italiani della Fiat nel 2014 produrranno 1,4 milioni di vetture - e non 900mila - con un migliore utilizzo della capacità produttiva dei cinque stabilimenti distribuiti sul territorio nazionale. Il 65% delle auto sarà destinato per le esportazioni, a fronte del 40% del 2009.Nello specifico l’ad ha detto che Mirafiori si dedicherà alla produzione di vetture piccole e compatte per un totale di circa 350mila vetture, Cassino (compatte) nello stesso periodo quadruplicherà i volumi a 450mila unità come Melfi (piccole cilindrate), Pomigliano (vetture mini) 300mila unità, mentre lo stabilimento Sevel di Termoli raggiungerà una produzione di 240mila veicoli leggeri.Il gruppo Fiat lancerà nei prossimi 5 anni in Europa 34 nuovi modelli e in Italia saranno investiti 30 miliardi. «Non ci sarà alcun taglio, ma anzi incremento degli organici», ha sottolineato Marchionne. Peccato che questa nobile affermazione cozzi contro la realtà della ribadita chiusura di Termini Imerese a fine 2011. Per lo stabilimento siciliano il governo da mesi è alla ricerca di soluzioni alternative, sulla base delle manifestazione di interesse fin qui pervenute e di quelle che potrebbero arrivare dall’estero. Sta di fatto che, al momento, i 1500 operai di Termini non sanno ancora che fine faranno.L’ad di Fiat ha poi spiegato che il successo di questo piano industriale è legato alla flessibilità della forza lavoro e dei dirigenti. «E’ un elemento indispensabile - ha sottolineato - perchè gli stabilimenti possono funzionare solo se lavorano a piena capacità». Di conseguenza si rende necessario «ridefinire gli accordi con i sindacati, perchè quelli in vigore non sono più adeguati alla realtà attuale». E agli analisti che gli chiedevano se, a suo parere, sindacati e governo avrebbero condiviso il piano per l’Italia, il supermanager ha ammonito minaccioso che «è già pronto un piano B, e vi assicuro che non è un piano molto bello».Marchionne ha anche annunciato che il gruppo Fiat scorporerà pure le attività di Iveco (automezzi industriali), Cnh (macchine agricole) e parte di Powertrain (motori) in una società che si chiamerà Fiat Industrial. Anche qui la domanda è la stessa: che conseguenze ci saranno per i lavoratori? Un indizio al riguardo lo ha fornito l’ad di Iveco, Paolo Monferino, il quale ha svelato che attorno al 2013 verrà lanciato sul mercato un nuovo autocarro medio a cabina avanzata denominato Leoncino, presentato come erede del vecchio Om Leoncino lanciato nel 1950 e che ebbe un grande successo. Una operazione “revival” con un dettaglio non da poco: il Leoncino, infatti, arriverà dalla Cina.
La conferma dell’annunciato “spin off” «nel giro di sei mesi» - vale a dire lo scorporo di Fiat Auto dal resto del gruppo - e la promozione a presidente del giovane rampollo della famiglia Agnelli, John Elkann, fanno parte di questa strategia. Come spiegava ieri il Financial Times, anche se «Fiat Auto probabilmente resterà uno degli investimenti fondamentali di Exor, l’obiettivo logico di Elkann deve essere quello di far crescere anche gli altri investimenti» della holding di famiglia. Marchionne avrà così mano libera per dedicarsi alla nuova società che nascerà dalle nozze con Chrysler, di cui probabilmente la Fiat assumerà il controllo. Quanto a Luca di Montezemolo, rimarrà nel cda e manterrà la carica di presidente della Ferrari. In attesa che maturino le condizioni per un eventuale ingresso in politica che lui ha, per ora, escluso.Comunque sia, di che cosa intenda fare Montezemolo “da grande” ai lavoratori, compresi quelli che ieri hanno dato vita insieme alla Fiom a un presidio davanti alla sede del Lingotto, interessa poco, per non dire nulla. Quello che a loro preme - e che dovrebbe premere anche al governo - è che in Italia si continuino a produrre almeno le auto necessarie per soddisfare il mercato interno. Proprio su questo versante è giunta ieri dal Lingotto la novità più clamorosa. A differenza di quanto affermato nel dicembre scorso a Palazzo Chigi, Marchionne ha infatti reso noto agli analisti finanziari che gli impianti italiani della Fiat nel 2014 produrranno 1,4 milioni di vetture - e non 900mila - con un migliore utilizzo della capacità produttiva dei cinque stabilimenti distribuiti sul territorio nazionale. Il 65% delle auto sarà destinato per le esportazioni, a fronte del 40% del 2009.Nello specifico l’ad ha detto che Mirafiori si dedicherà alla produzione di vetture piccole e compatte per un totale di circa 350mila vetture, Cassino (compatte) nello stesso periodo quadruplicherà i volumi a 450mila unità come Melfi (piccole cilindrate), Pomigliano (vetture mini) 300mila unità, mentre lo stabilimento Sevel di Termoli raggiungerà una produzione di 240mila veicoli leggeri.Il gruppo Fiat lancerà nei prossimi 5 anni in Europa 34 nuovi modelli e in Italia saranno investiti 30 miliardi. «Non ci sarà alcun taglio, ma anzi incremento degli organici», ha sottolineato Marchionne. Peccato che questa nobile affermazione cozzi contro la realtà della ribadita chiusura di Termini Imerese a fine 2011. Per lo stabilimento siciliano il governo da mesi è alla ricerca di soluzioni alternative, sulla base delle manifestazione di interesse fin qui pervenute e di quelle che potrebbero arrivare dall’estero. Sta di fatto che, al momento, i 1500 operai di Termini non sanno ancora che fine faranno.L’ad di Fiat ha poi spiegato che il successo di questo piano industriale è legato alla flessibilità della forza lavoro e dei dirigenti. «E’ un elemento indispensabile - ha sottolineato - perchè gli stabilimenti possono funzionare solo se lavorano a piena capacità». Di conseguenza si rende necessario «ridefinire gli accordi con i sindacati, perchè quelli in vigore non sono più adeguati alla realtà attuale». E agli analisti che gli chiedevano se, a suo parere, sindacati e governo avrebbero condiviso il piano per l’Italia, il supermanager ha ammonito minaccioso che «è già pronto un piano B, e vi assicuro che non è un piano molto bello».Marchionne ha anche annunciato che il gruppo Fiat scorporerà pure le attività di Iveco (automezzi industriali), Cnh (macchine agricole) e parte di Powertrain (motori) in una società che si chiamerà Fiat Industrial. Anche qui la domanda è la stessa: che conseguenze ci saranno per i lavoratori? Un indizio al riguardo lo ha fornito l’ad di Iveco, Paolo Monferino, il quale ha svelato che attorno al 2013 verrà lanciato sul mercato un nuovo autocarro medio a cabina avanzata denominato Leoncino, presentato come erede del vecchio Om Leoncino lanciato nel 1950 e che ebbe un grande successo. Una operazione “revival” con un dettaglio non da poco: il Leoncino, infatti, arriverà dalla Cina.
dal sito di LIBERAZIONE
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