martedì 30 giugno 2009

Assemblea dei delegati CGIL di Brescia…….resta senza risposte concrete.

Il segretario Marco Fenaroli nell’introduzione dell’assemblea dei delegati: «La crisi continua a essere occultata, ma in autunno si aggraverà e le risposte non sono adeguate». Il segretario generale della Camera del Lavoro di Brescia, va dritto al cuore delle questioni e, davanti all’assemblea dei delegati Cgil, chiede alle istituzioni di dare risposte concrete per sostenere i più deboli in questa fase di crisi. Nello stesso tempo, Fenaroli invita i vertici della Cgil a farsi sentire, se necessario con nuove mobilitazioni.

Alla presenza del segretario nazionale Fulvio Fammoni, Fenaroli ribadisce che non si può più stare in silenzio, e bisogna tornare in piazza.

E la Cgil bresciana torna in piazza con l’appuntamento di venerdì pomeriggio (dalle 17 alle 19), in piazza Loggia, per un presidio con i lavoratori delle fabbriche in crisi, i precari licenziati e i pensionati. «Vorremmo che questa iniziativa - spiega Fenaroli - si trasformasse in una bella manifestazione: dipende dai delegati, dai lavoratori, che se ritengono che in sintonia con la nostra storia migliore, valga la pena di suonare ancora una volta l’allarme per la città e la provincia e la sveglia per i Governi che non fanno nulla davanti al disastro».

Si chiede al governo alcune misure urgenti, raddoppiare il tempo di valenza della cassa integrazione ordinaria, togliere i massimali «che riducono l’assegno mensile ben sotto l’80% nominale», aumentare la dotazione finanziaria degli ammortizzatori in deroga, riformare tutto il sistema di sostegno ai lavoratori in difficoltà. Nello stesso tempo, aggiunge Fenaroli, «bisogna puntare allo sviluppo d’investimenti connessi alla loro utilità sociale, per consumi che alzino gli standard civili della società: piena occupazione, stabile e di qualità, investimenti per la sostenibilità ambientale e per il risparmio energetico». La lotta della Cgil (Fenaroli usa più volte questo termine) deve poi fare i conti con problemi ormai patologici della nostra economia nazionale (come l’evasione fiscale), e con le difficoltà nei rapporti sindacali unitari (viene ancora una volta considerato dannoso l’accordo di gennaio sulla riforma del modello contrattuale).

Il dibattito che ha seguito la relazione del segretario generale è segnato dalla preoccupazione di come superare la crisi, dagli interventi di due delegate che, senza tanti giri di parole, hanno comunicato il disagio e la paura che si respira nei luoghi di lavoro.

Certamente mi aspettavo interventi molto più duri, verso una nostra classe dirigente che dopo il 4 aprile, è stata pericolosamente alla finestra.

E in questo senso ce stato un bell’intervento di Gianni Pedò, dove dopo aver fatto un’accurata analisi della gravità politica di questo esecutivo che ci governa e sul tema del lavoro e riforme, CONFINDUSTRIA con la complicità di alcuni sindacati sta facendo quello che vuole, chiede delle risposte in merito, dalla CGIL nazionale.

Molti applausi da una parte della platea, un certo gelo dall’altra, quella parte che con CISL e UIL non avrebbe mai rotto, quella parte che l’accordo complice avrebbe trattato per firmarlo insieme.

Il segretario nazionale Fammoni spiega che «quando la fase di recessione sarà superata, i Paesi che si sono attrezzati e hanno fatto le riforme saranno pronte per ripartire: l’Italia, invece, rischia di trovarsi più indietro di prima».

E i provvedimenti presentati venerdì scorso dal Governo? «Sono insufficienti - dice Fammoni - e arrivano in ritardo. Il meccanismo che si sta utilizzando è molto semplice: si dice che la crisi non è poi così grave e s’interviene di conseguenza con manovre di lieve entità».

Ma non da risposte, non sa giustificare un immobilismo di un sindacato che nella storia operaia, ha sempre combattuto ingiustizie come quelle che in questi mesi meritavano delle risposte concrete.

Nessun documento finale, nessuna traccia di un’assemblea che cosi come si è svolta non è servita certamente!

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