venerdì 24 aprile 2009

25 APRILE: SI RICORDA LA LIBERAZIONE DAL DOMINIO NAZISTA E FASCISTA

In tutta la Lombardia e nel Paese, domani si festeggia il 64° anniversario della Liberazione dal nazifascismo.
Dovremo partecipare alle manifestazioni per ribadire il valore etico e politico della lotta partigiana, che ha fondato la democrazia costituzionale in Italia dopo un ventennio sanguinoso di dittatura, di guerre e di distruzioni.
Con la Carta costituzionale sotto tiro, le ambiguità di Berlusconi e le diffamazioni del ministro La Russa nei confronti dei partigiani, la giornata di domani si carica di uno speciale significato politico.
In ballo non c’è solo una verità storica da difendere.
Il governo e le destre devono sapere che non possono entrare in collisione con le radici democratiche del Paese, rappresentate dal movimento della Resistenza, perché sono le stesse radici che nutrono ideali, lotte e speranze per i diritti di libertà e di uguaglianza nel nostro presente

1 commento:

Anonimo ha detto...

Il trascorrere del tempo e l’avvicendarsi delle generazioni nulla tolgono all’importanza e al significato civile di questa ricorrenza.
Abbiamo, oggi più che mai, l’obbligo di ricordare la nascita della democrazia in Italia, le circostanze che l’hanno determinata, perché, sempre di più, avverto il pericolo di un annebbiamento della memoria collettiva unito ad una consapevole contraffazione storica compiuta a fini politici.
Spesso assistiamo, anche nei nostri paesi, al riorganizzarsi di formazioni che si ispirano al fascismo e al nazismo, ne ostentano i simboli, rivendicando l’agibilità politica e rimettendo in scena provocazioni e minacce vecchie e nuove.
Mi inquieta l’esistenza, nella regione più popolata e industrializzata d’Italia, e massimamente in questa provincia, di un partito razzista di massa, che dissemina intolleranza e veleni ideologici e che ha concorso in modo determinante a varare una legge xenofoba che fonda un diritto duale, retto sulla discriminazione etnica.
Infatti, il riprodursi, nel continente europeo, di subculture, comportamenti, movimenti ispirati all’ideologia nazista, alla discriminazione razziale, rappresentano un pericolo autentico, per l’oggi e per il domani dei nostri popoli.
Manifestazioni di intolleranza, di odio xenofobo, affiorano un po’ ovunque e sedimentano sulla crisi di socialità, di solidarietà, delle idee di giustizia ed uguaglianza, troppo spesso soppiantate da modelli di vita marchiati dall’individualismo, dalla grettezza, dalla competizione ad oltranza, che premia i forti e lascia soccombere i deboli.
E’ su questa moderna deriva che occorre riflettere e intervenire.
Sapere e ricordare cosa è potuto accadere un tempo, nella “ culla della civiltà” non è pura esercitazione storica: è la condizione indispensabile per scongiurare altre “distrazioni” della cultura democratica e per evitare che si ripiombi in quel sonno della ragione che genera mostri.
E’ giusto perciò guardare alla resistenza come ad una maturazione civile e politica del popolo italiano che, scegliendo la sua guerra, contrappose ad un tipo di società, un’altra società.
La Resistenza ha portato avanti e fatto affermare valori e ideali che poi sono stati fatti propri dai padri costituenti.
Questo legame tra Resistenza e Costituzione ha radici profonde che è necessario far sapere.
La Costituzione Italiana è il prodotto sociale e politico più conseguente, i suoi valori, i suoi principi, la sua nervatura istituzionale, in una parola, la nostra democrazia, nascono dalla Resistenza.
Oggi nessuno ha il diritto di stravolgerla senza mancare di rispetto ai tanti giovani che presero parte alla lotta armata, salendo sulle montagne, e ai tanti cittadini che diedero vita a quella disarma, aiutando i combattenti in tutti i modi, con ciò, rischiando la vita e l’internamento nei campi di sterminio.
Diceva Piero Calamandrei: LA COSTITUZIONE è IL TESTAMENTO DI 100 MILA PARTIGIANI MORTI.
E’ da questa Resistenza, dalle forze politiche che durante gli anni bui del regime avevano tenuto accesa la fiaccola del libero pensiero, delle nobili tradizioni risorgimentali, che nell’immediato dopo guerra si tracciano le regole di una Nazione Rinnovata.
La pace, il lavoro, l’uguaglianza e la giustizia sociale.
Oggi, nella violenza del potere e del profitto si nasconde e agisce ancora il fascismo, un fascismo nuovo, terroristico.
Non si può quindi dimenticare che la Resistenza non è soltanto una lotta per la libertà, perché la libertà rimane una parola astratta, se non si definisce in atti concreti che rinnovano la società.
Le libertà democratiche sono affermate come principi irrinunciabili nelle nostre leggi, la Costituzione ci fa onore, ma non è pienamente realizzata.
Imparare a pensare che la libertà non è un dono ricevuto nell’aprile del 1945 per sempre…è un dono che va tenuto vivo, che va esercitato.
Se proviamo a definire il concetto di libertà ci accorgiamo di quanto sia difficile dargli un significato preciso. Parliamo infatti di libertà dalla fame, dall’ignoranza, dalla paura, dalla schiavitù, dallo sfruttamento, dalla violenza…per arrivare alla libertà di parola, di associazione, di religione…parliamo di liberazione.
Capite dunque che la conquista della libertà non è che la possibilità di usare la libertà, cioè di scegliere, di cambiare, di migliorare.
La Resistenza fu una scelta di libertà di singoli uomini, a tu per tu con il pericolo, con la morte, per un cambiamento reale, per consentire anche a noi l’uso della libertà.
Per scegliere si deve avere la capacità di giudicare, e per giudicare si deve conoscere: l’uso della libertà si fa nella conoscenza.
Per questo dobbiamo conoscere la storia della Resistenza e coglierne il flusso ideale che l’ha animata e che non si è ancora esaurito.
Il discorso sulla pace, sulla giustizia, sulla libertà va tenuto vivo, in un mondo che è ancora minacciato dalla violenza, da imperialismi e dittature, da un consumismo materialista che aliena e distrugge ogni energia e ogni slancio vitale e che impedisce la costruzione di una migliore qualità della vita.
Contro questa nostra società votata al profitto, noi, dobbiamo tenere viva la capacità di valutare, di scegliere e di rifiutare, se vogliamo essere liberi e se non vogliamo vanificare gli sforzi fatti dai compagni partigiani per consegnarci una nazione democratica.

Concludo trascrivendo l’ultima lettera di Giacomo Ulivi, studente partigiano condannato a morte:

“ Dobbiamo rifare tutto, dalle case all’industria…ma soprattutto dobbiamo rifare noi stessi! Al di là di ogni retorica, dobbiamo constatare che la “cosa pubblica” è noi stessi; dobbiamo prendere coscienza che ogni sciagura umana è sciagura nostra, così come ora soffriamo per l’estrema miseria in cui è caduto il nostro paese.
Come vorremmo vivere domani? Non dite di essere scoraggiati, di non volerne più sapere, non lasciatevi tentare di allontanarvi dall’impegno politico…pensate che tutto ciò è successo perché non ne volevate più sapere…”

Buon 25 aprile

Guru