Questa sera al centro sociale 28 maggio a Rovato, Giuliana Sgrena, ha presentato il suo libro” il prezzo del velo”.
Per capire cosa c’è dietro il velo si è cimentata in un reportage a tutto campo. Intervistando donne che hanno posizioni importanti nella società marocchina e algerina. Ma anche esplorando la Tunisia, la Serbia, l’Iraq, l’Arabia saudita, la Francia, l’Iran e la Bosnia-Erzegovina con una vera e propria inchiesta sul terreno per cercare i punti in comune ma anche le tante differenze che esistono tra le diverse realtà.
Il velo che parla nel libro, rappresenta, e non solo simbolicamente, l’oppressione della donna nel mondo islamico. Dietro la sua imposizione non si nasconde solamente il tentativo forzato di reislamizzazione condotto dalle forze islamiche più tradizionaliste. E’ in atto una vera e propria guerra contro le donne, contro il loro corpo, visto come terreno di battaglia su cui affermare principi e consuetudini che in molti casi risalgono addirittura a ben prima della tradizione islamica, ma che si incrociano perfettamente con un “nuovo” ritorno all’ordine maschile e reazionario. Più dei carri armati americani, sono le donne, e le loro organizzazioni, come dimostra l’esperienza algerina, a poter fermare l’imponente ondata illiberale che sta per prendere il sopravvento nei paesi islamici. Si gioca qui la vera sfida democratica dell’altra sponda del Mediterraneo. Nei suoi servizi ci spiega che ha cercato di indagare la realtà che sta dietro lo scontro armato, la vita quotidiana delle principali vittime delle guerre moderne: donne e bambini. Ha dedicato particolare attenzione all’islamismo e al suo effetto sulla condizione delle donne.
Le donne immigrate in italia, spiega che hanno delle imposizioni a partire dalle loro comunità oltre che dalla famiglia, dove vengono imposti dei comportamenti ( vedi velo e altro) per non farle diventare come le donne europee.
Si è parlato poi delle violenze in famiglia che sono diffuse nel nostro civile paese e la mancanza di posizioni della sinistra in questi anni sulle problematiche della donna, ma anche nei temi della guerra, vedi palestina.
Per capire cosa c’è dietro il velo si è cimentata in un reportage a tutto campo. Intervistando donne che hanno posizioni importanti nella società marocchina e algerina. Ma anche esplorando la Tunisia, la Serbia, l’Iraq, l’Arabia saudita, la Francia, l’Iran e la Bosnia-Erzegovina con una vera e propria inchiesta sul terreno per cercare i punti in comune ma anche le tante differenze che esistono tra le diverse realtà.
Il velo che parla nel libro, rappresenta, e non solo simbolicamente, l’oppressione della donna nel mondo islamico. Dietro la sua imposizione non si nasconde solamente il tentativo forzato di reislamizzazione condotto dalle forze islamiche più tradizionaliste. E’ in atto una vera e propria guerra contro le donne, contro il loro corpo, visto come terreno di battaglia su cui affermare principi e consuetudini che in molti casi risalgono addirittura a ben prima della tradizione islamica, ma che si incrociano perfettamente con un “nuovo” ritorno all’ordine maschile e reazionario. Più dei carri armati americani, sono le donne, e le loro organizzazioni, come dimostra l’esperienza algerina, a poter fermare l’imponente ondata illiberale che sta per prendere il sopravvento nei paesi islamici. Si gioca qui la vera sfida democratica dell’altra sponda del Mediterraneo. Nei suoi servizi ci spiega che ha cercato di indagare la realtà che sta dietro lo scontro armato, la vita quotidiana delle principali vittime delle guerre moderne: donne e bambini. Ha dedicato particolare attenzione all’islamismo e al suo effetto sulla condizione delle donne.
Le donne immigrate in italia, spiega che hanno delle imposizioni a partire dalle loro comunità oltre che dalla famiglia, dove vengono imposti dei comportamenti ( vedi velo e altro) per non farle diventare come le donne europee.
Si è parlato poi delle violenze in famiglia che sono diffuse nel nostro civile paese e la mancanza di posizioni della sinistra in questi anni sulle problematiche della donna, ma anche nei temi della guerra, vedi palestina.
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