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Nel prossimo referendum non è in gioco il destino di un
leader politico, di un partito o di un governo. È in gioco qualcosa di
più profondo e decisivo, la nostra Costituzione, i suoi princìpi, i suoi
valori, la possibilità - mai realizzata pienamente - che venga attuata e
praticata per diventare davvero la legge fondamentale del nostro paese,
quella che garantisce a tutti i cittadini uguali diritti e doveri.
Basterebbe questo per dire no al tentativo di cambiare la nostra Carta
fondamentale truffando sul bisogno di rinnovamento e di pulizia che il
paese esprime da anni e che qui, invece, viene deformato e utilizzato
per colpire e restringere la democrazia. Perché la riforma proposta non
rende più trasparente, meno costosa ed efficiente la macchina dello
Stato ma restringe la partecipazione decisionale dei cittadini
concentrando il potere nelle mani di pochissimi.
Ma per un
sindacato il cui compito è rappresentare e tutelare le persone che per
vivere devono lavorare, per noi che dobbiamo proporci di aumentare il
potere dei lavoratori e la loro partecipazione alla vita pubblica, per
noi ci sono tanti buoni motivi in più per bocciare la riforma
costituzionale, per votare no il prossimo 4 dicembre. A partire
dall'articolo uno della Costituzione, il più conosciuto, mille volte
ripetuto e milioni di volte disatteso nelle decisioni politiche, nelle
manovre economiche, nel mercato (parola che in sé già ne contraddice il
senso) del lavoro, nella vita quotidiana in fabbriche e uffici. Perché
quell'articolo uno dovrebbe vivere e tradursi in tutti gli atti della
vita pubblica e mai essere ridotto a trascrizione lapidaria; mentre è
proprio quest'ultima cosa che si sta facendo con una riscrittura della
Costituzione che apparentemente lascia intatti i princìpi dei primi 11
articoli della Carta per poi smantellare l'edificio di leggi e regole
che avrebbe dovuto trasformare in fatti quei valori, determinando una
concentrazione di poteri nelle mani del governo come mai prima d'ora.
E,
in questi ultimi anni, abbiamo visto cosa hanno fatto i governi: a
proposito di "Repubblica fondata sul lavoro" sono andati in direzione
opposta, sono stati gli esecutori di ricette liberiste che hanno
peggiorato le condizioni di chi lavora, allontanato l'età della pensione e tagliato le prestazioni previdenziali, colpito il welfare, attaccato la contrattazione collettiva e le libertà sindacali.
Così
hanno agito la maggior parte dei governi europei e tutti quelli
italiani degli ultimi vent'anni, assecondando o persino favorendo i
disegni delle imprese e della finanza; trovando, da noi, come
principale argine proprio la Costituzione e i suoi organismi di
garanzia, in primo luogo la Corte costituzionale. Dalla Fiat - con i
lavoratori costretti a peggiori condizioni di lavoro, le discriminazioni sindacali e la Fiom cacciata dagli stabilimenti
- dove solo grazie a una sentenza della Corte costituzionale siamo
potuti rientrare nelle fabbriche Fca fino ai licenziamenti senza giusta
causa permessi dal Jobs Act che abbiamo combatto con la Costituzione in
mano e facendoci forti dei suoi dettati abbiamo potuto contrastare
quelle ingiuste cause nei luoghi di lavoro e nei tribunali. E si pensi a
ogni momento della nostra vita lavorativa e sindacale, agli strumenti e
alle ispirazioni - anche etiche e morali - che la Costituzione ci dà
per poter far valere diritti e combattere abusi nelle vertenze piccole o
grandi che scandiscono i rapporti tra i lavoratori e le imprese.
Ma
a "resistere" c'è tutto un mondo da conquistare nell'applicazione in
positivo della Costituzione. Nelle politiche economiche che dovrebbero
favorire il lavoro e non le speculazioni; nel diritto all'occupazione e a
un lavoro non solo dignitoso ma anche "buono" che garantisca qualcosa
di più della sopravvivenza materiale, la gratificazione esistenziale
delle persone; nel diritto alla formazione e allo studio, alla crescita
personale che non possono essere subalterne al mercato o ridotte a sua
parte; nella tutela delle dignità essenziali di tutte le persone cui
vanno garantiti un reddito, assistenza e servizi a prescindere dalla
loro condizione sociale; nella difesa della salute di ciascuno e
dell'ambiente di tutti (dentro e fuori il lavoro), perché di lavoro non
si può morire né ammalarsi, perché il mondo e il paese in cui viviamo
vanno consegnati intatti e integri a chi verrà dopo di noi. Questi - e
non solo questi - sono obiettivi che la Costituzione indica come
prioritari e che dovrebbero essere attuati, non accantonati smantellando
il testo che li afferma. Questi sono gli indirizzi che ne fanno il
miglior alleato che un lavoratore possa avere, un patrimonio ma mettere
in comune e far vivere insieme.
Per questo, non per pigrizia o
spirito di conservazione , vogliamo tutelare la Costituzione nel
referendum del 4 dicembre. Votando No diciamo una cosa semplice e
chiara: "attuatela". Ponendo le premesse per un altro referendum che -
in piena continuità con il dettato costituzionale - in primavera
proporrà di abolire la scandalosa precarietà dei voucher, mettere sotto
controllo la vergogna degli appalti, ripristinare ed estendere i diritti
dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori. In quel cao sarà un Sì:
alla libertà e alla dignità del lavoro.
http://www.huffingtonpost.it
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