Landini: 'Riforma costituzionale autoritaria. Serve rappresentanza politica del lavoro'
Maurizio Landini della FIOM, in esclusiva a BN, parla del referendum costituzionale e di rappresentanza politica del mondo del lavoro
In occasione di un convegno organizzato a Roma dalla Fisac CGIL, Blasting News ha intervistato il segretario nazionale della FIOM Maurizio Landini. Ecco le sue parole su vari temi di attualità sociale e politica.
Landini, la CGIL è venuta sulle vostre posizioni come FIOM nel fronte del No al #referendum costituzionale. E' soddisfatto?
"Credo che sia un fatto importante che tutta la CGIL,
l'organizzazione sindacale più grande d'Italia, coerentemente con le
proprie battaglie sul #Lavoro,
abbia deciso di appoggiare il No. Del resto la CGIL si schierò anche
nel 2006 contro la riforma tentata dal Governo Berlusconi. Credo che
questo ne dimostri la coerenza e l'autonomia rispetto alla politica. E'
una battaglia importante perché oltre a dire No a questo referendum la
CGIL ha raccolto 3 milioni di firme per fare nella prossima primavera un
referendum abrogativo delle leggi sbagliate sul lavoro fatte dal Governo Renzi. Le due cose sono molto collegate e costituiscono un'unica battaglia."
Cosa ne pensa della presenza di Marchionne e Boccia nel fronte del Sì al Referendum?
"Questo conferma un punto, cioè che l'idea di riforma di
revisione della Costituzione voluta dal Governo guarda molto più
all'impresa e al mercato, che al lavoro. Ed ha un'idea autoritaria di
gestione del potere, quasi come se il Governo dovesse diventare il
Consiglio di Amministrazione di un'impresa e il Presidente del Consiglio
un Amministratore Delegato. Questo non va bene e non serve al Paese. La
Costituzione quando è stata fatta ha unito il Paese, oggi chi la vuol
cambiare invece sta dividendo questo Paese."
Che cosa ne pensa di una costruzione della rappresentanza politica del mondo del lavoro?
"La creazione di una rappresentanza politica è il tema. Oggi il
lavoro è diviso, frantumato e contrapposto. C'è la rappresentanza
politica del mercato e dell'impresa e non c'è quella del lavoro. Io
credo che il punto non sia solo fare un partito,
ma sia proprio ricostruire una cultura del lavoro, dei diritti, di un
nuovo modello di sviluppo, di giustizia sociale e di mercato. Credo che
nella sua autonomia la CGIL debba fare questa battaglia, non per essere
lei a costruire un partito ma per affermare i temi del lavoro e porre la
questione della sua rappresentanza politica".
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