Il sindacalista può parlare di “vergogna aziendale”
se denuncia le modalità scorrette di organizzazione del lavoro volte a
favorire alcuni a scapito di altri senza incorrere nel reato di
diffamazione.

Il sindacalista lamentava in particolare il fatto che a troppi medici in servizio presso il Dipartimento di salute mentale fosse stata riconosciuta, sulla base di una prescrizione, l’esenzione dalla reperibilità notturna e da altre turnazioni.
In tema di critica sindacale la Suprema corte ricorda che “sussiste
l’esimente dell’esercizio del diritto di critica sindacale (art. 51
cod. pen.) qualora il rappresentante di un’organizzazione sindacale
indirizzi una missiva a vari enti istituzionali nonché alla stessa parte
lesa, che censuri le scelte di quest’ultima (…) ipotizzando a suo
carico la realizzazione di comportamenti penalmente rilevanti”.
Del resto osservano gli ermellini “la
missiva inviata dall’imputato certamente non ha per oggetto immediato
l’efficienza dei servizio, ma, nella prospettiva sindacale assunta
dall’autore, le modalità di svolgimento delle funzioni dell’ufficio
Prevenzione e Protezione. La ragione della ritenuta sussistenza
dell’esimente, pertanto, sono state individuate proprio nel fatto che le
espressioni, certamente aspre, adoperate (…), erano finalizzate a
denunciare modalità di organizzazione del servizio, che, al di là dei
riflessi sull’utenza, si traducevano, secondo l’assunto del primo, in
favoritismi a favore di alcuni medici e in danno di altri”.
“Proprio l’assenza di una
connotazione personale delle espressioni – tutte rivolte al risultato
dell’attività e non al suo autore – e la loro funzionalizzazione allo
svolgimento delle funzioni di rappresentanza degli interessi del
lavoratori interessati giustificano la conclusione raggiunta dai giudice
di secondo grado”.
A ciò, secondo i giudici, deve aggiungersi che “le
modalità di estrinsecazione del diritto di critica non hanno superato i
limiti della continenza espressiva perché il carattere ‘sconcertante’ o
‘grottesco’ o ‘borbonico’ della situazione, definita come ‘vergogna
aziendale’, senza tradursi in una gratuita ed immotivata aggressione
alla sfera personale dell’odierno ricorrente, denuncia, come si diceva,
il risultato dei denunciati favoritismi”.
http://www.lavorofisco.it
Nessun commento:
Posta un commento