Riforme.
Regolamenti delle camere stracciati, deputati rimossi d’imperio,
fiducia cieca, lo strappo di Renzi alla democrazia resterà nel tempo
Tutto secondo copione. L’Italicum
è legge, le opposizioni – non tutte — scelgono l’Aventino, la
minoranza Pd valorosamente vota in ordine sparso, Renzi esulta. Ma
su una cosa ha torto. Non importa solo fare, in qualsiasi modo:
è decisivo anche il come.
I 334 voti a favore dimostrano con certezza almeno tra cose.
La prima: senza i numeri drogati dal
premio di maggioranza dichiarato costituzionalmente
illegittimo l’Italicum non avrebbe mai visto la luce.
La seconda: che la nuova legge elettorale non esprime gli orientamenti politici oggi prevalenti nel paese.
La terza: che dunque tutte le
forzature e violazioni di prassi e regolamenti imposte per
ottenere il risultato sono state prevaricazioni di una minoranza,
e tali rimangono. Il tutto per approvare una legge che – come abbiamo
già ampiamente dimostrato su queste pagine — disattende in larga misura i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sent. 1/2014.
Vengono dall’Italicum gravi danni
collaterali. Sono tre i passaggi che più si staccano dalle best
practice di una democrazia moderna e avanzata: Il cd. «emendamento
Esposito», che ha consentito il maxicanguro e ha fatto
scomparire in Senato migliaia di emendamenti; la sostituzione
forzosa in Commissione dei dissenzienti; le questioni di fiducia
poste alla Camera. Scelte che pongono una seria minaccia per il futuro
dell’istituzione parlamento.
Nei casi indicati si è detto che
esistevano precedenti. Qui bisogna intendersi. Il richiamo al
precedente non è dato soltanto dalla mera ripetizione di un
comportamento tenuto in passato. Il precedente va visto anche nel
contesto in cui il comportamento si colloca.
Quindi, una prima considerazione di
ordine generale ci dice che dopo la sent. 1/2014 qualsiasi
precedente doveva essere valutato con estrema cautela. La sentenza
poteva anche – secondo l’opinione prevalente e il suggerimento
della stessa Corte – non inficiare la legittimità formale del
parlamento in carica. Ma certo determinava una situazione
eccezionale e priva di riscontro nel passato. Ne veniva
ineluttabilmente che il rapporto tra le forze politiche non era
quello che avrebbe dovuto essere, per l’indebito vantaggio nei numeri
parlamentari concesso ad alcune dal premio di maggioranza
dichiarato illegittimo. Questo avrebbe dovuto togliere peso
e significato ai precedenti volti a garantire un dominio
maggioritario dei lavori in Commissione e in Aula. Il fulmine che
colpisce la maggioranza nel suo momento genetico colpisce
fatalmente al tempo stesso il mantra del suo diritto a governare.
Le Presidenze delle Assemblee
avrebbero dovuto interpretare regolamenti, prassi e precedenti
con intelligenza istituzionale volta a tenere conto di tale
eccezionalità. Non l’hanno fatto. Al contrario, hanno consentito
un uso mai visto prima di strumenti volti al governo maggioritario
dei lavori parlamentari, senza affatto considerare che nelle
condizioni date bisognava invece garantire in special modo ogni
spazio di opposizione e dissenso.
Di qui l’aver ammesso in Senato il cd
«emendamento Esposito», con la caduta di migliaia di emendamenti.
Essendo genericamente riassuntivo di principi poi specificati
nel testo, poteva e doveva essere dichiarato inammissibile, in
quanto privo di un proprio contenuto normativo. Da qui l’inerzia di
fronte a sostituzioni forzose di componenti di commissione, al
dichiarato scopo di superarne il dissenso. La libertà di ciascun
parlamentare è pietra angolare dell’istituzione parlamento,
e rimane affidata per la tutela al presidente dell’assemblea.
Da qui, infine, le questioni di fiducia nonostante il diritto di richiedere il voto segreto
sulla legge elettorale sancito dal regolamento Camera. Su questo
punto in specie lo stesso discorso di De Gasperi sulla fiducia per la
legge truffa nel 1953 — citato in questi giorni sulla stampa – ci dice
perché in quella lontana vicenda non poteva vedersi alcun precedente.
Un Renzi non vale un De Gasperi. L’avevamo sospettato.
Al danno di oggi si aggiunge quello
futuro, se quanto è accaduto diventa a sua volta precedente. Sarà
facile bloccare ogni tentativo di opposizione o dissenso
attraverso emendamenti. Non dovrà nemmeno scomodarsi il governo:
basterà un parlamentare attento ai voleri del capo e abile nei
riassunti. Si potrà imbavagliare chiunque alzi la voce nel proprio
gruppo, semplicemente lasciandolo fuori della porta al momento della
decisione. E si è messo alla mercé del governo attraverso il voto di
fiducia il diritto al voto segreto a richiesta già ridotto a materie
tassativamente determinate. Proprio nel momento in cui ne veniva
colpito il fondamento con la sentenza 1/2014, alla maggioranza
numerica in parlamento sono stati consentiti strumenti di ampiezza
inusitata rispetto al passato.
Incombe sulle assemblee elettive lo
spettro di una dittatura di maggioranza, per di più drogata dal
sistema elettorale e piegata sul leader. Renzi twitta: basta dire
no, avanti con umiltà e coraggio. A dire il vero, fin qui abbiamo visto
solo arroganza e prevaricazione, e tanti sì estorti con
ogni mezzo.
Rimane la domanda: ma un’assemblea di
lanzichenecchi che non riflette il paese reale, a che serve? Al più,
è buona a occultare i conflitti, non certo ad affrontarli. È come
ramazzare l’immondizia sotto il tappeto. E quindi concordiamo con
Renzi quando a Milano dice agli imprenditori che l’idea di fondo
dell’Italicum – certezza immediata di chi vince e governa — non
è particolarmente geniale. Anzi, è del tutto sciocca.
Fonte:http://ilmanifesto.info_ Massimo Villone.
dal Blog di SINISTRA OSPITALETTO

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