Oltre l'80% degli azionisti varano la fusione con
Chrysler: la sede tra Amsterdam e Londra. Entro fine anno la quotazione a Wall
Street. I contrari sono stati pari al 7,5% del capitale totale: se tutti
esercitassero il recesso, l'esborso per Fiat supererebbe i 500 milioni previsti
come limite invalicabile per il via libera all'operazione. Montezemolo non
entrerà nel board del nuovo gruppo
TORINO - Approvata a maggioranza con oltre l'80% del capitale la fusione con
Chrysler. Con 501 milioni di azioni che hanno votato a favore, 100 milioni
contrarie e 3 milioni di astenuti, è passata l'operazione che porta la Fiat al
di fuori dai confini nazionali. L'assemblea degli azionisti del Lingotto, riunita per l'ultima volta a
Torino, ha dato il suo via libera a Fca,
la nuova società da 4,7 milioni di auto nata dall'integrazione tra Torino e
Detroit. Nel nuovo consiglio di amministrazione di Fca non entrerà, Luca
Cordero di Montezemolo. I nomi dei consiglieri sono John Elkann, Sergio
Marchionne, Andrea Agnelli, Tiberto Brandolino D'Adda, Glenn Earle, Valerie A.
Mars, Ruth J. Simmons, Ronald L. Thompson, Patience Wheatcroft, Stephen M.
Wolf, Ermenegildo Zegna.
La votazione che ha approvato la fusione ha comunque registrato il voto
contrario di circa 100 milioni di azioni, con un controvalore di oltre 700
milioni di euro, pari al 7,5% del capitale totale. Il valore eccede i 500
milioni che la società ha stanziato per il diritto di recesso, una soglia
superata la quale la fusione non sarà ritenuta valida. "Non lo vedremmo
come un fallimento se la fusione non dovesse andare in porto", ha
affermato il presidente Elkann, sulla possibilità
che la fusione con Chrysler salti a
causa dell'esercizio del diritto di recesso da parte degli azionisti.
"Aspetteremmo e la faremmo tra qualche mese, tra un anno" ha aggiunto
Marchionne.
Con il voto di oggi, comunque, Fiat centra
l'ultima data utile per poter giungere in ottobre alla quotazione a Wall
Street, vero obiettivo del trasferimento della sede legale in Olanda e del
domicilio fiscale nel Regno Unito. Il quartier generale a Londra pare sia stata
una condizione implicita posta dagli investitori americani per partecipare con
entusiasmo allo sbarco del Lingotto alla Borsa di New York. Gli Agnelli garantiscono che quello di oggi
non è un addio all'Italia ma un nuovo inizio, l'apertura di una
pagina nuova, la nascita di una società davvero globale, senza nazionalità.
"Nostra patria è il mondo intero", come cantavano gli anarchici
all'inizio del Novecento.
La prova del nove non tarderà ad arrivare. Sarà
la verifica dell'impegno principale assunto solennemente da Marchionne: il ritorno
alla piena occupazione negli stabilimenti italiani. Impegno non da poco che, se
venisse mantenuto, varrebbe forse il sacrificio del trasferimento altrove del
quartier generale del gruppo. Nelle prossime settimane dovrebbero partire gli
allestimenti delle linee a Mirafiori, per il suv Levante della Maserati, e a
Cassino per la nuova Alfa Giulia, l'auto che dovrebbe segnare la riscossa del
marchio del Biscione. Solo quando srriverà la fine della cassa integrazione
negli stabilimenti della Pensiola, si potrà dire che il bilancio sociale
dell'operazione Fca è stato positivo per l'Italia. "Siamo pronti a
compiere il salto di qualità - ha detto il manager in assemblea - Questa è una
azienda che può e deve puntare in alto". Nel corso della conferenza
stampa, l'ad del gruppo è stato ottimista: "Non ho il minimo dubbio che il
piano sia fattibile e possa essere finanziato dalle risorse interne del gruppo.
Rispetteremo l'impegno per il rientro di tutti i dipendenti in italia". E
alla domanda sugli incentivi ha tagliato corto: "Spero che il ministro
Lupi non lo faccia. Vorrei che fossero eliminati completamente, drogano il
mercato, spostano le dinamiche. Bisogna lasciare che il mercato vada come deve
andare".
Per il momento il fronte principale resta quello
della Borsa. Che nelle ultime ore sta punendo il titolo di Torino, sulla base di una trimestrale non esaltante e forse
anche della considerazione che con la quotazione in Olanda e la possibilità di
garantire ai soci azioni dal voto doppio, la contendibilità di Fca sia minore di oggi. Grazie al nuovo sistema infatti Exor potrebbe
passare dal 30 al 46 per cento del diritti di voto. Una circostanza che nei
giorni scorsi aveva spinto alcuni analisti a consigliare ai fondi di votare contro la fusione ed esercitare
il diritto di recesso, peraltro più alto
degli attuali corsi di Borsa.
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