L’Istat, attraverso la
cruda realtà dei numeri, smentisce ancora una volta l’ottimismo di
facciata sfoggiato dal governo per alimentare la credenza che in fondo
al tunnel della crisi si cominci a scorgere uno spiraglio di luce. Ma
non è per nulla vero. Anche l’ultima rilevazione certifica che il tasso di disoccupazione
a ottobre resta ai massimi, segnando lo stesso valore di settembre e
attestandosi al 12,5%, il livello più alto sia dall’inizio delle serie
mensili, gennaio 2004, sia delle trimestrali, primo trimestre 1977. Su
base annua l’aumento è di 1,2 punti. Il tasso di disoccupazione
giovanile (15-24 anni) a ottobre balza al 41,2%. Si tratta di un record
storico assoluto, il valore più alto sia dall’inizio delle serie
mensili, gennaio 2004, sia di quelle trimestrali, primo trimestre 1977.
Il tasso di disoccupazione nel terzo trimestre
è pari all’11,3%, in crescita di 1,5 punti percentuali su base annua. A
livello trimestrale e in base a confronti annui si tratta del tasso più
alto dal terzo trimestre 1977, ovvero dall’inizio delle serie storiche.
E nel Mezzogiorno il tasso è al 18,5%.
Il numero degli scoraggiati –
coloro che non cercano lavoro perchè ritengono di non avere alcuna
possibilità di trovarlo – nel terzo trimestre del 2013 sale a 1 milione
901 mila. L’Istat spiega che non si era mai registrato un livello così
elevato. Il numero di disoccupati a ottobre, è pari a 3 milioni 189
mila, sostanzialmente invariato rispetto al mese precedente ma in
aumento del 9,9% su base annua (+287 mila).
Il lavoro precario,
definito dall’Istat come atipico benché sia diventato la forma
‘canonica’ di gran parte dei nuovi avviamenti al lavoro, subisce un
nuovo calo, il terzo consecutivo. Nel terzo trimestre del 2013, infatti,
il numero di dipendenti a tempo determinato
e di collaboratori scende a 2 milioni 624 mila, in calo di 253 mila
unità (-8,8% su anno). Si tratta di una diminuzione ancora più forte
rispetto a quella registrata per i dipendenti a tempo indeterminato
(-1,3%). Questo significa che la crisi è così profonda da colpire
persino i rapporti di lavoro contrassegnati dal massimo di aleatorietà e da retribuzioni risibili.
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