mercoledì 26 settembre 2012

“Ipsia Moretto, cancellato nel nome e di fatto?”


(red.) La fusione dell’Ipsia Moretto con l’Itis Castelli, due istituti superiori di Brescia ha portato alla denominazione della scuola come “IIS Benedetto Castelli”.
Per strada, insomma, come segnala Fabio Odelli, componente della Giunta del Consiglio Scolastico Provinciale di Brescia, in una lettera inviata alle istituzioni scolastiche ma anche ai parlamentari bresciani, si è persa l’intitolazione della “Moretto”.
“Ho chiesto spiegazioni al Dirigente scolastico, il prof. Guizzetti, tramite una e-mail del 19 agosto”, spiega Odelli. “Non ho avuto nessuna risposta, fino a quando l’11 settembre, incontrandolo all’ITIS, ponendo di nuovo la questione ho ricevuto le seguenti risposte: “non se ne parla di cambiare nome, la decisione è stata presa in Provveditorato (ora UST) o al Ministero”.
“Sull’importanza dell’Ipsia Moretto e della sua storia, nell’ambito del panorama scolastico bresciano, avevamo trovato pareri concordi ed unanimi nelle riunioni della Giunta e del CSP”. “La Dott.sa Raimondi”, dirigente Ust di Brescia, di legge nella lettera, “pur nel sostenere l’idea della fusione delle due scuole, aveva anche ribadito il suo impegno a sostegno della “Moretto”, affinché non andasse a spegnersi nella nuova scuola”.
“Oggi però”, viene sottolineato, “purtroppo, la situazione è la seguente: l’unico istituto oggetto di fusione che ha perso il proprio nome nell’intitolazione della nuova scuola è il Moretto. Il corso ad indirizzo termico, per pochi alunni, ha perso la prima classe, rischiando così di chiudere definitivamente. Nel frattempo, il prof. Guizzetti, che doveva dedicarsi a tempo pieno a questo polo tecnico, ha avuto come reggenza un ulteriore istituto comprensivo, trovandosi così a gestire più di quattromila studenti di ogni ordine e grado”.
Ma in sintesi che cos’è l’ Ipsia “Moretto”? Dove è nata? Perchè? “Verso la metà del secolo scorso”, viene spiegato, “tra il 1851 e il 1852, per iniziativa del pittore bresciano Gabriele Rottini, con mezzi allora modestissimi, sorse una piccola scuola privata di disegno artistico, intitolata al grande pittore del Cinquecento bresciano Alessandro Bonvicino detto il “Moretto”. L’Istituto incontrò subito grande favore presso il pubblico e divenne un centro culturale importante per la vita della città, tanto che il Comune di Brescia, dopo qualche anno di attività, sentì il dovere ed il bisogno di sussidiarla.
Alla morte del suo fondatore (l’artista morì nel 1858), l’amministrazione locale ne assunse pienamente l’eredità culturale e l’onere di gestione, affidandone la cura e la direzione alla Commissione preposta alla Pinacoteca Tosio.
“Questi pochi dati sulla fondazione della scuola”, prosegue Odelli, “ci spiegano significativamente il contesto in cui sorse e le ragioni della sua intitolazione, il cui valore artistico iniziale si attenuò, però, negli anni immediatamente successivi, assumendo un indirizzo più marcatamente industriale, che alterò lievemente la connotazione artistica delle origini: già a partire dal 1858, infatti, allorché passò nelle mani del Comune, essa divenne Scuola Comunale di Disegno Industriale “Moretto” e nel 1890 “Scuola Professionale “Moretto” per Arti e Mestieri. Nel 1957 assume la configurazione attuale, divenendo Istituto Professionale di Stato per l’Industria e l’Artigianato; da allora ha subito continui e talvolta radicali cambiamenti strutturali, che hanno coinvolto le specializzazioni, il numero delle sedi decentrate e l’organizzazione dei curricoli, in un adeguamento costante sia all’evoluzione scientifica e tecnologica che al mondo della produzione industriale, soprattutto nei settori trainanti del territorio bresciano. (Tratto dal sito del Moretto)”.
“Dal 1851 ai giorni nostri, ha formato decine di migliaia di ragazzi, i quali, dopo gli studi, si sono introdotti con facilità nel mondo del lavoro. Ancora oggi ai suoi studenti vengono comunque offerte opportunità di lavoro interessanti”.
“Le statistiche che sono state effettuate sui diplomati degli ultimi anni”, prosegue Odelli, “hanno confermato che un diplomato nelle materie tradizionali, solitamente, trova lavoro a tempo indeterminato entro alcuni mesi, come tecnico specializzato e quindi con prospettive di carriera promettenti”.
“C’è forse qualche scuola professionale statale, regionale o provinciale, che può vantare simili risultati?”, viene domandato alle istituzioni scolastiche. “Gli studenti di quali altri istituti sono pienamente occupati? Non si può cancellare dall’intitolazione del nuovo istituto il nome di una scuola come la Moretto, con la tradizione e la storia dei suoi 160 anni di vita. Cancellare dall’intitolazione del nuovo istituto il nome del Moretto significa considerare di serie B il personale che per anni vi ha lavorato, mentre queste persone, per le difficoltà in cui hanno operato e per la dedizione che hanno messo nel loro lavoro, si meriterebbero la tripla A. Non parlo solo di quelli oggi in servizio, ma di tutti quelli che hanno contribuito, con il loro lavoro, a far compiere al Moretto, proprio lo scorso anno, i 160 anni di vita.
Cancellare il nome Moretto significa pure cancellare un pezzo della storia dell’Itis, nata successivamente proprio da una costola della Moretto”.
“La Moretto”, viene sottolineato, “è l’unica scuola bresciana che nella fusione ha perso il nome”.

http://www.quibrescia.it

commenti:
 
Vito de Trizio scrive:
E’ ormai evidente a tutti, in special modo a chi ha a cuore la scuola, l’impalpabilità di questa classe dirigente (politico-amministrativa) che, diversamente dal solito, stavolta non strepita a prescindere come in passato non ha mancato di deliziarci, ma inspiegabilmente e unitamente tace. Purtroppo, e sottolineo purtroppo, gli unici ad aver a cuore la situazione creatasi sono coloro, uomini e donne, che alla Moretto quotidianamente dedicano passione e dedizione, impegno e solidarietà (personalmente da 27 anni) e rifiutano categoricamente come un pezzo di Storia bresciana improvvisamente, e non si sa per colpa di chi, sparisca! Forse l’assessore Aristide Peli da Polaveno, difensore della brescianità, avrebbe il dovere di fornire qualche risposta. O no?
Pietro Arrigotti scrive:
Gentili lettori, sono un dipendente dell’I.P.S.I.A. “Moretto” di Brescia da ventidue anni, vorrei ricordare che non stiamo perdendo solo la denominazione, ma stiamo perdendo un pezzo della nostra storia e della nostra cultura!
Quanti studenti sono passati da questi banchi, persone che sono diventate imprenditori, dirigenti o artigiani.
Vorrei ricordare inoltre che gli istituti professionali sono stati, da sempre, l’ossatura della realtà produttiva di Brescia e provincia.
Pietro.

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