Fiat, pressing dei sindacati: «Vogliamo vedere il piano»
SCONTRO SUL LINGOTTO. Dopo gli attacchi della Cgil anche Cisl, Uil e Ugl chiedono chiarimenti sul futuro degli impianti
Marchionne rinvia al 30 ottobre la decisione su Fabbrica Italia L´ex Romiti attacca: «Mancano i progetti e la colpa è solo sua»
Il futuro degli impianti e degli investimenti italiani va
chiarito subito. E non c´è spazio per la chiusura di una delle cinque
fabbriche Fiat. All´indomani della presa di posizione dei ministri
Corrado Passera e Elsa Fornero, i leader sindacali tornano ad incalzare
l´amministratore delegato Sergio Marchionne sulle decisioni che il
Lingotto intende rinviare al 30 ottobre quando saranno resi noti i
risultati del terzo trimestre.
Dopo il dietro front sul Piano
Fabbrica Italia il segretario generale della Cgil Susanna Camusso
attacca con forza: «Pare evidente che oggi il problema è sapere che quel
modello non funziona, che non c´è un piano industriale, che c´è un
Paese che è stato ampiamente preso in giro».
Ma anche i leader
riformisti, che quegli accordi li hanno sostenuti in prima persona, sono
sul piede di guerra. Luigi Angeletti della Uil avverte l´azienda: «Non
possiamo accettare riduzioni della capacità produttiva. Noi crediamo
ancora che la Fiat possa restare una casa automobilistica competitiva ma
perchè ciò sia possibile bisogna crederci e fare gli investimenti
necessari». Ma, soprattutto, Angeletti contesta l´equazione
sovracapacità uguale uno stabilimento da tagliare. E avverte: «È
evidente che siamo in una fase di crisi di mercato, ma in Italia,
malgrado tutto, si produce un terzo delle auto che si comprano. In
Europa la recessione ovviamente finirà».
Una richiesta di
chiarimento sulle strategie del Lingotto, prima della scadenza di fine
ottobre, arriva anche dal numero uno della Cisl Raffaele Bonanni: «Un
caso è sospendere i programmi, un´altra è cambiarli. Marchionne farebbe
bene a chiarire il concetto e spiegare se si tratta di una sospensione. O
se l´intenzione è quella di cambiare indipendentemente da come vanno le
vendite». Lo strappo comunque non induce Bonanni a pentirsi dell´intesa
raggiunta un anno fa su Pomigliano: «Tra chiudere un´esperienza e
aprirne una nuova c´è una differenza enorme. Si stava discutendo di come
rilanciare un impianto e io, ancora oggi, attendo chiarimenti in
merito». Da parte sua il segretario generale della Ugl Giovanni
Centrella invita a non dare alibi a Fiat di andarsene dall´Italia.
LA
POLITICA PREOCCUPATA E L´ATTACCO DI ROMITI. Intanto la preoccupazione
contagia anche la politica. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini,
apprezza l´intervento dei ministri Passera e Fornero che hanno chiesto
chiarimenti all´azienda , mentre il vice-segretario del Pd Enrico Letta
bacchetta Marchionne: «Non può permettersi di essere ambiguo sulle
risposte perchè riguardano tutto il Paese».
La Fiat manca di
progetti e la colpa principale è di Marchionne perchè «chi decide è
lui». Lo dice a Repubblica l´ex numero uno del gruppo Cesare Romiti:
«Penso che oggi la strategia della Fiat la decida Marchionne, non gli
azionisti. Lui voleva andare in America e ci è riuscito».
I NUMERI
FIAT. La nuova strategia sull´Italia, che tiene conto dell´impatto della
crisi europea, sarà resa nota il 30 ottobre. E non potrà prescindere
dai numeri: nel primo semestre Fiat-Chrysler ha avuto ricavi per 41,7
miliardi di euro (ma senza la quota Usa il calo sarebbe del 6,6% a 17,9
miliardi). Anche gli utili per 737 milioni di euro sono targati stelle e
strisce: la sola Fiat ha perso 519 milioni a causa del crollo del
mercato europeo.
Quanto alle immatricolazioni italiane i numeri sono
sempre più da profondo rosso: -20,23% pari a 56.447 auto in meno.
Nell´attesa aumenta intanto la paura tra i lavoratori di Mirafiori,
Pomigliano, Melfi e Cassino.
dal BRESCIAOGGI
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