domenica 16 settembre 2012

Fiat, pressing dei sindacati: «Vogliamo vedere il piano»

SCONTRO SUL LINGOTTO. Dopo gli attacchi della Cgil anche Cisl, Uil e Ugl chiedono chiarimenti sul futuro degli impianti

Marchionne rinvia al 30 ottobre la decisione su Fabbrica Italia L´ex Romiti attacca: «Mancano i progetti e la colpa è solo sua» 

Il futuro degli impianti e degli investimenti italiani va chiarito subito. E non c´è spazio per la chiusura di una delle cinque fabbriche Fiat. All´indomani della presa di posizione dei ministri Corrado Passera e Elsa Fornero, i leader sindacali tornano ad incalzare l´amministratore delegato Sergio Marchionne sulle decisioni che il Lingotto intende rinviare al 30 ottobre quando saranno resi noti i risultati del terzo trimestre.
Dopo il dietro front sul Piano Fabbrica Italia il segretario generale della Cgil Susanna Camusso attacca con forza: «Pare evidente che oggi il problema è sapere che quel modello non funziona, che non c´è un piano industriale, che c´è un Paese che è stato ampiamente preso in giro».
Ma anche i leader riformisti, che quegli accordi li hanno sostenuti in prima persona, sono sul piede di guerra. Luigi Angeletti della Uil avverte l´azienda: «Non possiamo accettare riduzioni della capacità produttiva. Noi crediamo ancora che la Fiat possa restare una casa automobilistica competitiva ma perchè ciò sia possibile bisogna crederci e fare gli investimenti necessari». Ma, soprattutto, Angeletti contesta l´equazione sovracapacità uguale uno stabilimento da tagliare. E avverte: «È evidente che siamo in una fase di crisi di mercato, ma in Italia, malgrado tutto, si produce un terzo delle auto che si comprano. In Europa la recessione ovviamente finirà».
Una richiesta di chiarimento sulle strategie del Lingotto, prima della scadenza di fine ottobre, arriva anche dal numero uno della Cisl Raffaele Bonanni: «Un caso è sospendere i programmi, un´altra è cambiarli. Marchionne farebbe bene a chiarire il concetto e spiegare se si tratta di una sospensione. O se l´intenzione è quella di cambiare indipendentemente da come vanno le vendite». Lo strappo comunque non induce Bonanni a pentirsi dell´intesa raggiunta un anno fa su Pomigliano: «Tra chiudere un´esperienza e aprirne una nuova c´è una differenza enorme. Si stava discutendo di come rilanciare un impianto e io, ancora oggi, attendo chiarimenti in merito». Da parte sua il segretario generale della Ugl Giovanni Centrella invita a non dare alibi a Fiat di andarsene dall´Italia.
LA POLITICA PREOCCUPATA E L´ATTACCO DI ROMITI. Intanto la preoccupazione contagia anche la politica. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, apprezza l´intervento dei ministri Passera e Fornero che hanno chiesto chiarimenti all´azienda , mentre il vice-segretario del Pd Enrico Letta bacchetta Marchionne: «Non può permettersi di essere ambiguo sulle risposte perchè riguardano tutto il Paese».
La Fiat manca di progetti e la colpa principale è di Marchionne perchè «chi decide è lui». Lo dice a Repubblica l´ex numero uno del gruppo Cesare Romiti: «Penso che oggi la strategia della Fiat la decida Marchionne, non gli azionisti. Lui voleva andare in America e ci è riuscito».
I NUMERI FIAT. La nuova strategia sull´Italia, che tiene conto dell´impatto della crisi europea, sarà resa nota il 30 ottobre. E non potrà prescindere dai numeri: nel primo semestre Fiat-Chrysler ha avuto ricavi per 41,7 miliardi di euro (ma senza la quota Usa il calo sarebbe del 6,6% a 17,9 miliardi). Anche gli utili per 737 milioni di euro sono targati stelle e strisce: la sola Fiat ha perso 519 milioni a causa del crollo del mercato europeo.
Quanto alle immatricolazioni italiane i numeri sono sempre più da profondo rosso: -20,23% pari a 56.447 auto in meno. Nell´attesa aumenta intanto la paura tra i lavoratori di Mirafiori, Pomigliano, Melfi e Cassino. 

dal BRESCIAOGGI

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