su Liberazione del 16/09/2011
Questa volta lo sposo non si è presentato. Ha lasciato la sposa ad aspettarlo per ore sull'altare, senza nemmeno avvisarla. Uno schiaffo in faccia non da poco per un supermanager come Sergio Marchionne, abituato ad essere trattato in ben altro modo. Roso dalla rabbia, l'amministratore delegato di Fiat-Chrysler ha perciò preso subito dopo carta e penna e ha scritto una irritata lettera con toni da innamorato deluso. Destinatario: Bob King, leader del sindacato americano dei lavoratori dell'auto Uaw. "Ma come - è il senso del ragionamento di Marchionne - io mi precipito da Francoforte a Detroit per firmare il nuovo contratto dei 26mila lavoratori della Chrysler e tu neanche ti fai vivo? Ma davvero non conto più niente per te?". Dallo sposo nessuna risposta. Si è poi saputo che King era impegnato in un'altra trattativa, quella con General Motors.
Il vecchio accordo per la Chrysler è formalmente scaduto ieri a mezzanotte (le sei del mattino in Italia). Andava perciò rinnovato e, secondo Marchionne, il leader di Uaw era disposto a firmare. Che cosa è cambiato? Probabilmente la mossa del sindacato americano rientra in una strategia contrattuale per convincere la controparte a rivedere il sistema delle paghe dimezzate per i nuovi assunti, deciso nel 2009 per salvare Chrysler dal fallimento, con l'accordo a tre fra Marchionne, il presidente Usa Barack Obama e King. Una disparità di trattamento non più sostenibile, tanto che Uaw ora chiede un aumento di 2 dollari delle retribuzioni dei neoassunti, attualmente pagati 14 dollari all'ora contro i 28 dei più anziani. Il sindacato a stelle e strisce, che attraverso il fondo Veba detiene il 40% di Chrysler, chiede anche che i lavoratori possano partecipare agli utili del gruppo. Il problema è che l'intesa del 2009 prevedeva anche l'impegno a non scioperare. In pratica, King - accettando quel ricatto - si è messo nelle condizioni di non poter utilizzare l'arma più forte a sua disposizione in una trattativa. Ecco perché preferisce concludere prima il negoziato con General Motors, dove ci sono le condizioni per ottenere di più.
E' un po' quello che hanno fatto in Italia Cisl e Uil, firmando intese aziendali fuori dal contratto nazionale a Pomigliano e Mirafiori. Raffaele Bonanni coglie la palla al balzo per far capire che un giorno anche lui alzerà la voce: «Il mio amico Bob King - commenta il segretario della Cisl - dapprima ha preso atto della crisi profonda in cui si trovava la Chrysler e adottato una terapia d'urto per rimetterla in pista. Ora che la Chrysler fa affari giustamente chiede il conto. Vedo molti in Italia che chiedono il conto prima di risanare il corpo». Una stoccata alla Fiom, l'unico sindacato in Italia che si oppone al ricatto di Marchionne. Difendendo Pomigliano, la Cisl ha più volte rinfacciato alla Cgil di avere firmato accordi come quello per far partire la Fiat di Melfi, accettando retribuzioni più basse rispetto al contratto aziendale pur di salvaguardare l'occupazione. Poi, anni dopo, ci pensò la vertenza del 2004 a rimettere a posto le cose.
Per Giorgio Cremaschi, lo schema di Bonanni fa acqua da tutte le parti: «In primo luogo a Melfi - ricorda il dirigente della Fiom - non furono siglate né tregue sugli scioperi e nemmeno deroghe al contratto nazionale. E poi la Cisl non ha mai effettivamente partecipato alla vertenza del 2004, ha solo firmato l'accordo finale, ottenuto dai lavoratori con le loro lotte. Sono convinto che anche a Pomigliano e Mirafiori accadrà lo stesso. Saranno cioè i lavoratori a ribellarsi. E anche in quel caso troveranno il Bonanni di turno pronto ad accodarsi».
I sindacati italiani sono invece uniti per evitare la chiusura della Irisbus di Valle Ufita, in provincia di Avellino, annunciata l'altro giorno dalla Fiat. Il tavolo con l'azienda è stato convocato ieri dal ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, per il 21 settembre. Resta alta la tensione anche a Termini Imerese, dove gli operai chiedono certezze sul loro futuro occupazionale in vista dell'addio di Fiat a fine anno. Per protesta, ieri le tute blu siciliane hanno bloccato la Statale 113 nei pressi della fabbrica, invaso le autostrade Palermo-Catania e Palermo-Messina e hanno occupato per 45 minuti la stazione ferroviaria di Fiumetorto.
L'altro schiaffo di giornata per Marchionne arriva da Torino, dove il giudice Vincenzo Ciocchetti ha depositato le motivazioni della sentenza con cui ha condannato la Fiat per attività antisindacale, ribadendo tuttavia la validità, sul piano legale, dell'accordo per Pomigliano. L'esclusione della Fiom Cgil dalle rappresentanze sindacali dello stabilimento campano non è giustificabile, come sostiene l'azienda, sulla base dell'articolo 19 dello Statuto dei Lavoratori «la cui ratio - argomenta il giudice - è quella di elidere le organizzazioni sindacali che nell'unità produttiva abbiano unicamente una rappresentanza presunta e non invece un ruolo sul piano dell'effettività dell'azione sindacale. Tale ruolo - riconosce la sentenza - risulta invece senza dubbio sussistente nel caso in esame in capo a Fiom Cgil, come emerge del resto dall'esito referendario».
Di conseguenza, la Fiom non potrà avere le Rsu a Pomigliano, ma dovrà godere di tutti i diritti previsti dal Titolo Terzo dello Statuto dei lavoratori relativo alla costituzione delle Rsa. Giorgio Airaudo vede il bicchiere mezzo pieno: «L'obiettivo di escluderci è fallito. Noi della Fiom potremo nominare, e li faremo prima eleggere dai lavoratori, i nostri delegati. Manteniamo invece un parere diverso dal Tribunale di Torino - precisa il segretario nazionale delle tute blu Cgil - sulla validità dell'accordo di Pomigliano come sostitutivo del contratto nazionale. Ci riserviamo, sentito il nostro collegio di legali, di impugnare questa parte della sentenza. Spero che in Fiat si chiedano quale utilità abbia avuto fino ad oggi dividere i lavoratori e i sindacati».
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