martedì 20 settembre 2011

COMUNE DI BRESCIA OSTINATO

Bonus bebè, a distanza di tre anni la pratica torna sul tavolo del primo giudice che l'aveva presa in mano

2011-09-19 - Bonus bebè: a distanza di tre anni dal primo ricorso fatto dalla Cgil insieme alla Fondazione Piccini e all'Associazione Studi giuridici sull'immigrazione, il Comune di Brescia si ostina a proseguire la causa legale spendendo decine di migliaia di euro dei cittadini bresciani.

Dopo ripetute sconfitte nella sezione lavoro del tribunale, gli ultimi mesi hanno visto il Comune impegnato nel chiedere che la causa per fare in modo che il bonus venisse dato solo ai nuovi nati figli di genitori italiani proseguisse davanti alla sezione ordinaria. In luglio, dopo diverse udienze, il presidente del Tribunale ha però respinto la richiesta del Comune e ha assegnato la causa alla sezione lavoro/previdenza/assistenza dove, con i criteri di sorteggio, è finita al giudice Alessio cioè lo stesso giudice che aveva emesso la prima ordinanza che aveva obbligato il Comune a ripristinare per tutti il bonus.

Insomma, tre anni di udienze, ricorsi e tanti soldi dei cittadini spesi inutilmente per poi far tornare le carte sul tavolo dello stesso giudice, il quale dovrà pronunciarsi sulla questione il 6 dicembre o in una udienza successiva. Dopodiché, se il Comune vorrà, ci sarà ancora un secondo grado di merito e la Cassazione.

Nel frattempo il Comune è stato però obbligato a pagare il bonus a tutti i richiedenti, stranieri compresi, spendendo complessivamente un milione 140mila euro, meno quindi del milione 200mila stanziati in origine per i soli italiani. In pratica, se il Comune avesse deciso di non portare avanti una campagna ideologica e discriminatoria e si fosse limitato a introdurre il bonus per tutti i nuovi nati a Brescia indipendentemente dalla nazionalità dei genitori, avrebbe risparmiato 60mila euro, soldi che magari avrebbero potuto essere spesi per altre attività di tipo sociale, quanto mai necessarie in questi anni di crisi economica.

Purtroppo il Comune non ha fatto così, ma ha anzi optato per una campagna ideologica a oltranza, sperperando quindi i 60mila euro e probabilmente molto di più. Le cause e i ricorsi persi dal Comune in questi anni sono infatti costati per il momento più di 15mila euro di sole spese legali.

Non solo, per sostenere la sua campagna, il Comune ha deciso di non affidarsi all'avvocatura comunale (come avrebbe potuto fare, risparmiando sui costi e ottenendo comunque una difesa competente) ma di incaricare un legale esterno, dunque a pagamento. E, non contento, nel corso del giudizio ha revocato l'incarico al primo avvocato e si è affidato a uno studio milanese. Il tutto, come si è visto, senza risultati.

In questi tre anni a guadagnarci sono stati solo gli avvocati chiamati di volta in volta dal Comune mentre a perderci, oltre al buon senso e il buon operare per la coesione sociale, sono stati i cittadini bresciani che hanno dovuto pagare (con i loro contributi) per le delibere discriminatorie del Comune.

Sarebbe a questo punto interessante sapere quanto esattamente il Comune ha dovuto pagare negli ultimi tre anni tra spese legali e parcelle degli avvocati e, soprattutto, se in futuro abbia intenzione di avere approcci meno ideologici nell'affrontare i problemi. Domande alle quali sarebbe bene dare una risposta prima del sei dicembre, giorno in cui la questione del bonus tornerà in tribunale.

Camera del Lavoro di Brescia

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