9 Maggio 1978. Sono passati 33 anni da quando Peppino Impastato, con la sua Radio Aut, dal piccolo paese di Cinisi alle porte di Palermo,venne ucciso perché era una voce scomoda. Era troppo ingombrante per la mafia e per Tano Badalamenti, il boss di Cinisi che abitava a soli cento passi da casa di Peppino. Badalamenti che, nel vero senso della parola, regnava. Sì, perché questo è quello che fa la mafia: regna, governa, domina. Sostituisce in tutte le sue funzioni lo Stato che, pian piano, soprattutto in questi piccoli paesi di provincia, scompare fino a diventare invisibile (e a volte complice). Ieri come oggi.
Ma a Peppino non andava giù questa situazione. E allora cominciò a parlare, a raccontare, a diffondere, a colpire, ad affondare con la semplice arma della verità. E questo gli costò la vita: lo assassinarono in modo atroce, mettendogli nel petto, dopo averlo legato sulle rotaie della ferrovia, una carica di tritolo. L’esplosione fu forte, ma nessuno volle sentire: il 9 maggio 1978 Peppino Impastato saltava per aria nel silenzio omertoso e criminale di tutto un paese. E i giorni dopo, al silenzio drammatico di Cinisi, si aggiunsero accuse di uomini deliranti: molti giornali catalogarono quel delitto di mafia come un “incidente” capitato ad un ”terrorista” che stava per compiere un attentato. E così nessuno se ne occupò più di tanto, anche perché nello stesso giorno venne ritrovato il corpo di Aldo Moro. Peppino, dunque, non era nessuno, era un delinquente, terrorista, comunista. Si sbagliavano: era un uomo (trentenne) morto ammazzato perché aveva parlato per la verità, aveva parlato contro la mafia.
Sono passati trentatre anni da allora e pare che molte cose non siano affatto cambiate. Ieri come oggi è molto scomodo parlare e dar libero spazio alla verità; si cerca, anzi, di proibirlo: come chiamereste coloro che tentano di negare questa fondamentale libertà (quella di espressione e di informazione) se non “mafiosi”? Non sono forse i mafiosi che fanno di tutto per azzittire chi rivela verità scomode? E cosa si sta facendo oggi con le leggi contro le intercettazioni se non esattamente questo? Certo i metodi saranno diversi, qui si parla di metodi “para-isituzionali”, ma la logica, l’ottica è chiaramente la stessa: una logica drammaticamente, perversamente, irrimediabilmente mafiosa.
Le mafie oggi sono cresciute, sono diventate più potenti, in molti casi hanno messo le radici nelle istituzioni. Ma la morte di Peppino non è stata vana. Né la sua, né quella degli altri nove giornalisti uccisi dalle mafie perché voci fuori dal coro omertoso. Nessuno di loro è morto senza lasciarci qualcosa: testimonianza, forza, verità. E anche oggi abbiamo i nostri Impastato, i nostri Peppino che gridano, denunciano, lottano senza alcun timore, senza mai fare un passo indietro perché coscienti e convinti che questa è l’Italia sana, vera, nobile. Questa è l’Italia d’onore! Roberto Saviano, Pino Maniaci, Giulio Cavalli, Emiliano Morrone, Lirio Abbate, Rosaria Capacchione e tutti quanti gli altri che, anche nel silenzio, lottano e combattono.
E’ necessario, allora, che l’Italia ricominci ad avere coscienza delle cose, ricominci a costruire una cultura antimafia: non si possono elogiare, applaudire, quasi onorare uomini politici che affermano che “la mafia italiana risulterebbe essere la sesta al mondo ma è quella più conosciuta” perchè “le otto serie de “La piovra” […] e tutto il resto, tutta la letteratura, il supporto culturale,Gomorra e tutto il resto” gli fanno pubblicità. Questa è cultura “mafiosa” perchè si delegittima la verità, si delegittima la dignità della lotta al crimine. Dobbiamo ricominciare a riconoscere, a discernere, a chiamare le cose col proprio nome.
E il nome di Peppino Impastato è molto più forte di queste assurde affermazioni. E’ molto più forte di chi delegittima, imbavaglia, zittisce. La voce della verità è molto più forte di qualsiasi organizzazione mafiosa.
Peppino è vivo e lotta in mezzo a noi! Le nostre idee non moriranno mai!!!
dallo LO SPECCHIO, blog d'informazione politica
2 commenti:
Ciao Leo
il lavoro che svolgi quotidianamente è davvero straordinario, come te, del resto.
Ci sono fatti che non dobbiamo stancarci di ascoltare. Un po' come le favole ai bambini, anche se queste, favole non sono. Però anche queste sono storie che fanno paura, e come le favole dei bambini, insegnano qualcosa. Insegnano a vivere, a capire gli incubi ed ad allontanarli, a non rimuoverli, a non dimenticarli, ad affrontarli e sconfiggerli, crescendo.
Soprattutto oggi, dove il capitale regna sovrano, dove assistiamo ad un annebbiamento della memoria collettiva, ad un revisionismo storico che vuole tacitare le coscienze.
Grazie Leo, perché ricordare ci aiuta a non cadere in quel sonno della regione che genera mostri.
Un abbraccio
Guru
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