Lo studente: «Otto eroi, un monito per noi ragazzi» Il ferito: «C'erano gli elementi per una condanna»
Soffia il vento su piazza Loggia e accarezza i biglietti colorati appesi a un filo. Recano, scritti a lettere nitide, i pensieri dei bambini bresciani.
«Per me il concetto di uccidere un uomo e una donna è ancora un mistero» scrive un alunno della V A della «Corridoni».
«Io penso che le persone che hanno causato la strage di piazza Loggia fossero inconsapevoli del dono della vita» gli fa eco un compagno di classe.
LA STRAGE ha i capelli bianchi, dopo 37 anni la verità giudiziaria non c'è, i ricordi scoloriscono. Però le nuove generazioni raccolgono il testimone degli anziani. E ci mettono un carico di pathos e di tensione morale che stupisce.
La commemorazione della strage del 28 maggio 1974, che fece otto morti e cento feriti, è un rito che non declina. Anche ieri mattina piazza Loggia era gremita ed è stata teatro di gesti pietosi e nobili: la deposizione di un fiore, la sosta in silenzio, l'applauso al comizio. La diplomazia politica, sindacale e della Questura ancora una volta ieri ha vinto: nessuno ha utilizzato la commemorazione della strage per fini diversi, nessuno ha approfittato della platea per agitare altre rivendicazioni.
Non l'hanno fatto gli immigrati che hanno deposto disciplinatamente una loro corona di fiori. Non gli studenti del Kollettivo che hanno svolto un proprio corteo ma non hanno disturbato la cerimonia ufficiale. Non i contestatori solitari che stavolta hanno risparmiato alle autorità fischi altre volte lanciati.Il palco, addossato alla stele che ricorda la strage, ha una scorta scenografica speciale. Sono le donne e gli uomini del comitato «Piazza di maggio» che calano sul volto una maschera anonima e issano un volantino che spiega il gesto: «Solo la giustizia può dare un volto alle vittime».
Sul palco c'è anche Franco Castrezzati, il sindacalista che stava parlando al microfono 37 anni fa. Per un contrappasso è il giovane Alessandro Tura, presidente della Consulta provinciale degli studenti, ad aprire i discorsi. «Il mondo giovanile - spiega - sente il bisogno di confrontarsi con queste vicende, con una realtà subdola, misera, inetta» come fu la stagione delle stragi.
Tura cita uno per uno i nomi delle vittime - Giulietta, Livia, Euplo, Luigi, Bartolomeo, Clementina, Alberto e Vittorio - li definisce «eroi»: «Devono diventare un monito per noi ragazzi: le loro vite furono mosse da un ideale puro. Le persone passano, le idee restano. E oggi le idee camminano meglio sulle gambe di noi giovani».
L'Associazione familiari delle vittime della strage parla, stavolta, con la voce emozionata di Beppe Montanti. La sua riflessione è incentrata sulla sentenza della Corte d'assise. E sull'«amarezza e delusione per l'esito e per le motivazioni che la giustificano». Montanti ricorda il lavoro dei pm Di Martino e Piantoni, i 2 anni di dibattimento, le 160 udienze che «hanno dato la possibilità di avere un quadro molto preciso e chiaro dei rischi corsi dalla nostra democrazia fra la fine degli anni '60 e la metà degli anni '70».
Montanti ripercorre i cardini dell'impianto accusatorio, i legami fra ordinovisti veneti e milanesi, le deposizioni di servitori dello stato «tuttora reticenti o non convincenti»: «Troppe le omissioni e i non ricordo» di testi «oggi tesi solo a diminuire il proprio ruolo o a dimenticare». Montanti elogia il lavoro della procura, mentre critica la linea della magistratura giudicante che «tende a uniformare le sentenze alla vulgata corrente» e «poichè le sentenze coraggiose rischiano di incappare nella riforma in appello, preferisce la comoda scappatoia dell'insufficienza di prove».
«SPERIAMO - aggiunge Montanti - in appello in una magistratura che dimostri grande scrupolo professionale. Noi siamo convinti che in questi atti ci siano gli elementi per una condanna».
Infine Gianluigi Betteni, segretario generale della Cisl Lombardia, prende spunto da «inquinamenti e depistaggi» per concludere: «Servono meno segreti di Stato e più giustizia e verità».
A fine mattinata il presidio smobilita, in attesa degli appuntamenti pomeridiani. I biglietti dei bambini vengono deposti sulla lastra di granito in fondo alla piazza.
Quello di Angela spicca sugli altri: «Dico a tutte quelle persone che hanno visto gente morire e che ancora oggi soffrono di tenere sempre la testa alta e farsi valere: anche se la vita è molto crudele è inutile lasciarsi andare». Alla fine basta un colpo di vento a sollevarlo e a spostarlo un poco più in là. Dove un altro passante lo legge. E si commuove.
Massimo Tedeschi per il BRESCIAOGGI
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