domenica 8 maggio 2011

La ricetta di Confindustria: la crisi pagatela voi

Matteo Gaddi

«Questa manifestazione segna un punto: davanti alla sede dove si riunisce Confindustria, c'è quella sinistra che vuole sconfiggere Berlusconi e, al tempo stesso, le posizioni di Marchionne e Marcegaglia: Governo e Confindustria sono le due facce di una stessa medaglia». Attacca così il suo intervento Paolo Ferrero parlando al presidio di Bergamo della Federazione della Sinistra a non più di duecento metri dall'assemblea nazionale di Confindustria dove, alla Assise Generale, viene lanciato il manifesto politico dei padroni.
A porte chiuse, senza nessun politico invitato, Confindustria presenta la propria ricetta con i soliti temi: meno fisco per le imprese, relazioni sindacali per la produttività, privatizzazioni, grandi opere. Come dire: non solo noi la crisi non la paghiamo, ma pretendiamo che a pagarla siano sempre e solo lavoratori, precari, disoccupati, cassaintegrati, studenti, pensionati. Davvero troppo per poter assistere in silenzio all'ennesimo attacco, tutto di classe, mosso da Confindustria nei confronti del mondo del lavoro e del sindacato.
La Federazione della Sinistra è stata l'unica forza politica che ha pensato bene di organizzare un presidio davanti alla Fiera di Bergamo, sede dell'Assise padronale. Una iniziativa le cui ragioni sono illustrate dalla lettera aperta che Ezio Locatelli (segretario Prc di Bergamo) e Ugo Boghetta (segretario Prc Lombardia) hanno inviato a Confindustria. «C'è sicuramente un problema delle classi dirigenti di questo Paese, ma voi ne fate parte. Voi non siete la soluzione. Voi siete il Problema». La lettera prosegue ricordando i numeri della crisi, quella vera: «A Bergamo negli ultimi due anni si sono persi oltre cinquemila posti di lavoro, oltre diecimila lavoratori sono in cassa integrazione e decine di migliaia di giovani stanno perdendo la speranza di un futuro lavorativo». Per poi contestare punto per punto le dichiarazioni di intenti di Confindustria: dal tema dei giovani a quello del fisco, dal Mezzogiorno ai servizi pubblici, dagli accordi separati al problema salariale.
Le ricette di Confindustria sono sbagliate, argomenta Ferrero; «La compressione dei salari, lo stravolgimento delle relazioni sindacali, e la ulteriore precarizzazione del lavoro non faranno altro che aggravare la crisi per le classi popolari. Quando un operaio va in cassa deve vivere con 700 euro al mese, le buone uscite di Geronzi e Profumo sono di decine di milioni di euro».
Confindustria si propone - da Bergamo - di lanciare un'agenda di poche idee forti per «fare un'Italia nuova», ma a leggere nel merito le proposte avanzate ci si accorge di essere di fronte alla solita lumpen-borghesia italiana: quella del capitalismo assistito, degli appalti di grandi opere, dei profitti garantiti attraverso la messa sul mercato dei servizi essenziali.
Tra le bandiere rosse della Federazione della Sinistra ne sventola anche qualcuna di color azzurro, quelle dei movimenti per l'acqua pubblica i cui referendum, per Ferrero, «rappresentano, dopo le amministrative, l'appuntamento politico su cui lavorare pancia a terra: con la ripubblicizzazione dell'acqua può partire un movimento vincente in grado di sottrarre al mercato servizi già oggetto di privatizzazione, come energia e pezzi di sanità, per recuperare un forte ruolo pubblico che va giocato anche nell'economia».
Senza un intervento pubblico in grado di orientare e realizzare politiche industriali degne di questo nome, non c'è soluzione alla crisi che sta devastando il già fragile tessuto manifatturiero del nostro Paese che Tremonti e la Lega, almeno per quanto concerne il Nord, vorrebbero trasformare in un'area di subfornitura dell'economia tedesca: una sorta di succursale della Germania. Tenaris Dalmine, Indesit, Frattini, Donora, la cartiera Pigna, il distretto tessile della Val Seriana: sono i nomi di alcune tra le principali aziende del territorio bergamasco che hanno chiuso i battenti o hanno drasticamente ridimensionato l'occupazione.
Molte di queste hanno anche fruito di generosi contributi pubblici e allora, per Ferrero, «si tratta di rilanciare con forza la nostra proposta per bloccare le delocalizzazioni imponendo alle imprese che si spostano all'estero di restituire tutti i contributi pubblici ricevuti negli ultimi dieci anni: Marcegaglia prima di chiedere ulteriori aiuti dovrebbe ricordarsi di quante imprese sono state finanziate direttamente o indirettamente e poi, dalla sera alla mattina, hanno chiuso per andare in giro per il mondo ad inseguire il più basso costo del lavoro».
Resta un mistero come il presidente di Federmeccanica, Pier Luigi Ceccardi, possa affermare che «le aziende metalmeccaniche sono uscite dalla crisi da sole, senza l'aiuto di nessuno» dimenticando i milioni di ore di cassa integrazione (per tacere dei contributi pubblici diretti) che hanno consentito alle aziende di scaricare sui conti pubblici le loro difficoltà e la loro incapacità di rispondere alla crisi se non "bastonando" ulteriormente il mondo del lavoro. Gli fa eco Bombassei trovando il coraggio di affermare che lo sciopero generale di venerdì è stato un insuccesso («Mai credere ai dati della Cgil»).
Per questo, «contro questa Confindustria che pretende di parlare a nome del Paese - incalza Ferrero - serve dare continuità alle tante iniziative di lotta a partire dallo sciopero generale».
Ed è proprio per dare continuità ed un possibile sbocco politico allo sciopero generale che la Federazione della Sinistra lancerà una campagna sociale - illustrata da Roberta Fantozzi e Augusto Rocchi - con al centro il tema di salari e pensioni, intervento pubblico in economia, servizi e stato sociale: è questo "Il Paese che vogliamo noi".

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