Bertocchi: «Sarebbe meglio che l'azienda tornasse pubblica». Tarantini replica: «Una volta entrati in Borsa tutto è cambiato. Ma ci sono correttivi possibili»
Un incontro tra diversi perché si può imparare ovunque. Graziano Tarantini, una storia in Comunione e Liberazione e presidente del Consiglio di Sorveglianza di A2A, accetta l'invito di Rifondazione Comunista e si confronta sul futuro dei servizi dell'azienda municipalizzata. Anzi, ex municipalizzata, perché tra una fusione e l'altra A2A è ora uno dei colossi italiani nel campo dei servizi quotato in Borsa.
Fiorenzo Bertocchi, segretario di Rifondazione comunista a Brescia, nell'introdurre la serata nella sala Piamarta di via San Faustino (moderata da Giovanni Armanini), i termini del problema li sintetizza in questo modo: quando si nomina A2A si sta parlando di acqua, calore, energia, ciclo dei rifiuti e quindi di come e quanto consumiamo le merci. Sono cose essenziali per la vita delle persone e Bertocchi provoca: non sarebbe meglio far tornare pubblica l'azienda, toglierla dalla Borsa e renderla così più al servizio dei cittadini per investire in ricerca, fare innovazione, ragionare di beni comuni, tenere bassi i prezzi. Insomma, avere un'azienda che si occupi meno di «produrre» e di produrre più servizi di qualità per i cittadini?
Tarantini la questione non la elude, anzi. «Non sono un liberista convinto, sono per l'economia sociale di mercato», spiega. E aggiunge che le distorsioni della finanza non lo hanno mai appassionato, e questo già prima dei disastri della crisi globale ancora in corso. Poi entra nel merito, sottolinea che quando una società (Asm) entra in Borsa cambia tutto e che forse anche l'azienda, quando è stato fatto questo passo, avrebbe dovuto fare di più per adattarsi al nuovo contesto. Detto questo, per Tarantini è indubbio che tutto quello che è appetibile sul piano finanziario contrasta con quello che non produce immediatamente redditività. Ritiene però che questa logica possa essere in parte mitigata non tornando a un'improbabile ripubblicizzazione, quanto piuttosto, « facendo in modo che il portafoglio titoli dell'azienda vada nelle mani di investitori che premiano scelte di redditività di medio periodo e non di breve termine».
DA PARTE SUA anche una nota sul territorio, che per non trasformarsi in demagogia non può essere solo il dividendo per l'azionista, ma deve essere visto nel suo insieme. Per cui sì agli investimenti e di conseguenza alle prospettive occupazionali e alle opportunità per i giovani.
Ugo Cherubini, segretario provinciale della Filctem Cgil, ricorda che A2A, dopo l'Ospedale civile, è la più grande azienda bresciana in termini di occupazione. Da qui parte per dire che oggi l'azienda ha intrapreso la strada della contrazione del costo del lavoro. Le relazioni sindacali ci sono, si tenta ancora la strada del confronto, ma poi intervengono anche le decisioni unilaterali. Non è un caso insomma se le organizzazioni sindacali hanno proclamato lo stato di agitazione con blocco degli straordinari e un pacchetto di scioperi da fare nei prossimi mesi. Cherubini osserva «un'assenza della politica», che non deve fare invasioni di campo nelle relazioni tra azienda e sindacati, ma almeno (in quanto azionista) dare un indirizzo generale. Di sicuro, spiega Cherubini, «un maggiore dialogo con la città e con i lavoratori sarebbe un valore aggiunto per l'azienda».
Sullo sfondo anche i referendum sull'acqua e il nucleare di metà giugno (salvo rinvii). Rifondazione invita a votare un sì convinto. Tarantini si limita a osservare che si vedrà dopo i risultati. É evidente però che quel voto influenzerà anche gli sviluppi futuri di A2A.
In chiusura Matteo Gaddi, responsabile nazionale Prc Politiche del Nord, ragiona tra le altre cose di effetti delle privatizzazioni in Italia, che non sempre hanno portato ai risultati propagandati.
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