martedì 1 febbraio 2011

Immigrazione, effetto "roulette russa"

Ieri il famigerato "click day": sono arrivate 293mila domande per 98mila posti


Alle 8 in punto i terminali del Viminale hanno cominciato a ricevere le richieste per il decreto flussi di quest'anno, quelle che dovrebbero permettere la regolarizzazione di circa 98 mila lavoratrici e lavoratori attraverso uno strumento ipocrita e fallace. Il dispositivo infatti prevede che sia il datore di lavoro a chiamare a distanza il dipendente da assumere. Nei fatti chi entra nel decreto è già in Italia, lavora, anche da anni, al nero, ed è costretto in maniera grottesca, una volta presentata la domanda, a tornare a casa attendendo il nulla osta che permetta un ingresso regolare.
Che il meccanismo sia ipocrita e fallace si è detto tante volte, ma, per dirla con la Cgil, l'effetto "roulette russa" stavolta è stato ancora più evidente. Dopo soli 24 secondi già i posti disponibili erano andati esauriti, alle 12 erano giunte
- dati del ministero dell'interno - 293mila domande. Altre ne arriveranno, nei prossimi giorni per obbedire ad un meccanismo che divide in maniera, per molti incomprensibile, le diverse tipologie di permessi, ma anche essere stati fra i primi ad aver presentato la domanda non garantisce affatto il suo buon esito. Dopo che tutte le domande saranno state inviate, infatti, sarà il ministero del lavoro ad attribuire territorialmente le quote di permessi a livello provinciale. Le domande passeranno quindi per il parere della direzione provinciale del lavoro e alle questure. Sulla base di queste valutazioni lo sportello unico per l'immigrazione di ogni città rilascerà il nulla osta al datore di lavoro.
Altro ostacolo è legato al fatto che gli ingressi sono ripartiti per singoli paesi di provenienza, privilegiando ovviamente quelli con cui l'Italia ha stabilito accordi bilaterali. Le domande inviate ieri sono relative ad una quota, circa il 60% delle disponibilità. Domani sarà possibile inviare le domande per colf e badanti provenienti da paesi non compresi nel primo lotto e giovedì sarà possibile convertire i permessi ottenuti per altre ragioni in permessi di soggiorno per lavori subordinati non stagionali e gli 11 mila permessi di soggiorno per ragioni di studio, tirocinio, lavoro stagionale e altre tipologie nonché per l'ammissione di 4mila cittadini che abbiano compiuto programmi di formazione nei paesi di origine.
Secondo i primi dati è Milano la città che ha registrato il maggior numero di richieste di ingresso nei flussi, seguita da Roma e Brescia. Vera Lamonica, della segreteria confederale della Cgil con delega all'immigrazione e alle politiche sociali, ha commentato in maniera molto negativa l'ennesima frode commessa ai danni di lavoratori e datori di lavoro. «Le domande inviate ieri - ha precisato - sono sei volte quelle che potranno essere esaudite. Le altre sono destinate al cestino». La Cgil denuncia numerose disfunzioni sul sito del ministero e contemporaneamente stigmatizza il fatto che, a causa della Bossi Fini e dell'introduzione del reato di clandestinità, molti lavoratori saranno a rischio espulsione anche se proveranno a rientrare nel proprio paese in attesa della chiamata dal datore di lavoro.
Nonostante la crisi economica e il conseguente calo di appetibilità per l'Italia, quanto accaduto ieri testimonia come lo strumento del decreto flussi sia non solo insufficiente a sanare la presenza di centinaia di migliaia di lavoratori che vorrebbero trovare modo di emergere dall'invisibilità, ma determini l'ennesima ingiustizia generalizzata. Una lotteria insomma, difficile da vincere, in cui se va bene si ottiene la possibilità di una vita, regolare e precaria in Italia; se la si perde si rischia il fallimento di un progetto di vita fondato sull'emigrazione. Solo una regolarizzazione generalizzata finalizzata all'emersione del lavoro nero e la possibilità di entrare regolarmente per ricerca occupazione potrebbero permettere di affrontare seriamente la questione. Ma potrebbe accadere solo in un paese capace di guardare al futuro e non di cercare il consenso nella guerra fra i poveri.
Da Liberazione

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