mercoledì 16 febbraio 2011

«E' andato ad esporre il manifesto ideologico»

Marchionne continua a non dire nulla di sostanziale su cosa intenda fare in Italia.
L'operazione che fa è partire da un dato oggettivo, l'assenza del governo italiano e dell'Europa, e costruire così l'unica ricetta per uscire dalla crisi, che è la sua. Ed essendo la sua non la discute con nessuno. Una decisione unilaterale che, come dimostrano i due accordi di Pomigliano e Mirafiori non lasciano il più piccolo interstizio al confronto. Un vero e proprio manifesto ideologico, quindi.
Non è che i deputati lo abbiano incalzato...
Il punto, però, è che nel corso del suo ragionamento fa alcune omissioni importanti, tipo sulla malattia, che sostiene essere solo uno strumento di controllo e non una lesione dei diritti. Omette poi di dire che con il combinato disposto degli accordi separati e dei contratti individuali lede il diritto di sciopero. Tutto questo non lo spiega certo al Parlamento, che rimane una sede sovrana. Non c'è traccia sulle newco, poi, che sono funzionali a questi disegni. Racconta a modo suo la vicenda della Sevel, dove c'era un accordo possibile nello scambio tra sabati lavorativi e assunzioni. La Fiat all'ultimo minuto ha sollevato la clausola sugli scioperi. Sono loro che non hanno voluto l'accordo. In questo manifesto ideologico che, ripeto, non discute con nessuno, ipotizza sette modelli lasciando intendere che così si può competere nei mercati. Ma sette modelli vuol dire più cassa integrazione dell'anno prcedente.
La cosa assurda è che su temi delicati come il salario, su cui ci sono precisi passaggi nella Costituzione italiana, si dà mano libera alla Fiat.
Marchionne ha detto che aumenterà i salari quando venderà le auto. Lo scorso luglio, però, non ha corrisposto 1.200 euro che doveva. Rinvia tutto a quando avrà in mano il mercato, e tra l'altro lui pensa a una forma di gratifica e non a strumenti contrattuali consolidati.
Marchionne non è tornato, come ha fatto nell'intervista su Repubblica, sui risultati del referendum.
Non vuole affrontare un problema di consenso che ha nei suoi stabilimenti. Non dice neppure che è uscito dal contratto nazionale. Dimentica che quasi metà dei lavoratori di Pomigliano e Mirafiori non è d'accordo a lavorare alle sue condizioni. E dice: o i lavoratori mi danno ragione o è ingovernabilità.
Ho un sospetto che poi è suffragato da come la politica di governo sta usando la vicenda Fiat. Il Governo dovrebbe essere sul banco degli imputati, e invece cosa fa? Attacca il diritto di sciopero usando la vicenda Fiat. Sostanzialmente ci stanno dicendo che per uscire dalla crisi non possiamo più permetterci i diritti. Un problema tutto politico e tutto democratico. Non può essere delegato a nessuna impresa.

E su Melfi e Cassino?
Ha detto che rinvia gli interventi, ma in verità procederà di caso in caso. Le lascia sullo sfondo, certo, ma non siamo rassicurati. Si tratta di siti produttivi esposti allo stesso modello applicato a Mirafiori e Pomigliano. Un modello che divide i sindacati e i lavoratori e non serve a produrre automobili.
Possibile che le voci sul trasferimento del cervello Fiat non abbiano sollevato anche in altri settori della Fiat un dissenso verso Marchionne?
Il fatto che questa progettazione venga distribuita in quattro posti del mondo va a depauperare un patrimonio, che è il cervello dell'automobile. Non c'è nessun impegno da parte di Marchionne a lasciare questa funzione a Torino. Non c'è nemmeno impegno a comprare i componenti in Piemonte. Vale quello che dice il provebio sul coraggio: "chi non ha non se lo può dare".
Marchionne come un bulldozer quindi?
Il grosso delle decisioni sono già prese. Solo un grande intervento della potliica che vuole difendere la presenza dell'auto in Italia e ci spende i soldi che ci ha speso Obama può invertire un piano inclinato che Marchionne ha ormai segnato.
Fabio Sebastiani Da Liberazione (nella foto Giorgio Ariaudo segretari0 nazionale FIOM)

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