sabato 12 giugno 2010

"Tutto sulle nostre spalle" Cgil in piazza"

«Tutto sulle nostre spalle». In centomila in piazza da tutta Italia, dal nord alla Sicilia, in un afosissimo pomeriggio romano.
La manifestazione della Cgil contro i tagli e contro la manovra di Tremonti & Berlusconi è partita da piazza della Repubblica con una ventina di minuti d'anticipo per chiudersi a piazza del Popolo con Epifani. La Questura parla di 25mila manifestanti: una cifra decisamente improbabile perché le persone che hanno sfilato con o senza le bandiere del sindacato erano molto di più. E il vostro cronista ve lo testimonia perché l'ha visto con i propri occhi. Tranquillo il corteo, tranquilla la presenza di polizia e carabinieri.

Statali, impiegati, pensionati, molti insegnanti, anche operai. In piazza prevale il settore pubblico. Con la sensazione diffusa di un paese che toglie il futuro ai giovani, dove chi lavora nella scuola, negli uffici pubblici, nelle strade per le amministrazioni fatichi sempre più ad arrivare decorosamente alla fine del mese e vede le prospettive assottigliarsi. «Partito dell'amore, governo del fare, tu odi i lavoratori e ami il malaffare» è uno degli slogan scanditi dal furgoncino di apertura. Dal megafono si sente “Berlusconi colpisce la stampa e i giornali per coprire le sue vergogne e i suoi compari” oppure «Berlusconi non ci chiuderai la bocca, la libertà di stampa non si tocca» perché la protesta del sindacato contro la manovra si associa all'attacco alla libertà di parola e alla democrazia che il governo sta sferrando con la «legge bavaglio».

La manovra è «iniqua: a pagare sono sempre i soliti», dichiara il segretario della Cgil Guglielmo Epifani nel comizio di chiusura in piazza del Popolo. «Come mai nessuno sostiene lo sviluppo se è vero, come dice Bankitalia, che la manovra deprimerà dello 0,5 la crescita del Pil. Il nostro problema sono i conti pubblici, la crescita e l'occupazione, specie quella giovanile». E sulle pensioni: «bisogna tornare al pensionamento flessibile di vecchiaia per gli uomini e per le donne nel pubblico e nel privato. Torniamo alla flessibilità, così come prevedeva la riforma Dini, che poi ci hanno tolto». E avverte il Governo: la smetta di «dare i numeri sulla Costituzione, che non c'entra nulla col fatto che il Paese vada avanti e indietro».

La scuola è presente in forze. Il Coordinamento precari di Roma intona «Bella ciao». Cambiando qualcosa: «Stamattina mi son svegliato / e ho trovato la Gelmini... O Mariastella lasciaci stare / noi vogliamo lavorar... E gli studenti che passeranno / ti diranno O dimission».
Brunella, salita da Lecce a Modena, insegna spagnolo nelle scuole superiori, 34 anni e da quattro precaria, ora è all'Istituto Tecnico Commerciale di Carpi, confessa di «essere entrata nella scuola con molte speranze e ora di non sperare più: né nelle pensione e nemmeno in un posto di ruolo». Ci dovrà pensare molto, prima di pensare a un figlio. Con 1.260 euro al mese paga il mutuo nella casa (ha anticipato i soldi il padre con la sua pensione) in cui convive con il fratello. «Facciamo una vita al risparmio dove ogni spesa va centellinata. A settembre non so se avrò un posto. Ma è tutta la scuola pubblica che stanno tagliando. Mentre finanziano la scuola privata. Sono qui per protestare».

I sindacati assenti. Qualche bandiera di Sinistra, ecologia e libertà, della Federazione della sinistra, che con l'Idv hanno aderito alla manifestazione. Una «ruota della sfiga» oltre ai magnifici quattro Gelmini, Brunetta, Tremonti e premier include i segretari della Cisl Bonanni e della Uil Angeletti. Tra i manifestanti più d'uno rimprovera le sigle assenti. «Questa protesta è un primo passo, però c'è solo la Cgil. Gli iscritti di Cisl e Uil cosa ne pensano dei loro rappresentanti?», domanda Angela della Camera di commercio di Messina. Antonella di Cassino è un'iscritta della Uil: «Cisl e Uil si stanno comportando malissimo. Mi dissocio dal mio sindacato, per questo sono qui. Ho 35 anni, ho molti punti in graduatoria, insegno, sono precaria e rischio il lavoro. E la manovra distruggerà la scuola». La rete degli studenti medi e dell'Unione degli universitari non ci sta allo scempio in arrivo e su un loro camion si legge: «Non ci schiaccerete».

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