venerdì 21 agosto 2009

Bruciati dal sole in mare, nessuno li ha soccorsi

Corpi ridotti a scheletri. Occhi persi nel vuoto. Una donna simile a un fantasma. Sono apparsi così ai soccorritori i cinque migranti eritrei, due dei quali minorenni, intercettati in extremis a sud di Lampedusa da una motovedetta della Guardia di finanza mentre andavano alla deriva su un gommone privo di carburante. Hanno detto di essere partiti il 28 luglio da Tripoli con altri 73 compagni, in maggioranza loro compatrioti, con qualche etiope. Forse è intervenuto un errore di rotta, forse un'avaria. Quel che è certo è che dopo la prima settimana di navigazione il cibo e l'acqua potabile sono terminati e gli esuli hanno cominciato a morire. E i superstiti hanno buttato i corpi in mare, uno dopo l'altro. Il tentativo di dissetarsi con acqua di mare, aumentando il rischio di ustioni mortali, ha probabilmente accelerato e reso più atroce la fine.Ma come mai nessuno li ha soccorsi? «Durante la traversata - ha raccontato uno dei superstiti - abbiamo incrociato almeno dieci imbarcazioni, alle quali abbiamo chiesto inutilmente aiuto. Solo nei giorni scorsi un pescatore ci ha offerto acqua e cibo». Esprimono indignazione Carlotta Bellini di Save the children («Inaccettabile il mancato soccorso») e Laura Boldrini, portavoce in Italia dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati: «Un triste primato che preoccupa enormemente. Come se stesse prevalendo la paura di aiutare sul dovere di soccorrere chi è in difficoltà in mare. Come se fosse passato il messaggio che chi arriva via mare sia una sorta di vuoto a perdere». In realtà spunta l'orribile dubbio che gli 80 profughi siano rimasti vittima del gioco a rimpallo che da tempo vede contrapposte l'Italia e Malta in materia di soccorso in mare. Il gommone è stato segnalato infatti solo all'alba di ieri dalle autorità maltesi a quelle italiane impegnate nella missione Frontex, il pattugliamento congiunto del Mediterraneo. L'imbarcazione è stata segnalata da Malta quando si trovava a circa 19 miglia dall'isola, al confine con le acque di competenza italiana. Le motovedette della Guardia di finanza hanno poi intercettato il gommone al limite delle acque territoriali. Le autorità della Valletta non hanno specificato da quanto tempo il gommone venisse «monitorato». Quel che è certo è che da molti giorni i parenti dei migranti, allarmati dal loro silenzio, avevano fatto giungere in Italia, attraverso i canali antirazzisti, disperate richieste di informazioni: tutto coincide, la data e il luogo di partenza, il numero dei dispersi.La Guardia di Finanza ieri esprimeva dubbi sulla veridicità dei racconti dei sopravvissuti, visto che non erano stati ancora sottoposti a una traduzione ufficiale. Ma i socccorritori, invece, di dubbi non ne hanno: le testimonianze, prive di qualsiasi contraddizione, sono state raccolte da un operatore umanitario di lingua madre tigrina. Mentre ai cinque, stremati, venivano prestate le prime cure, una piccola barca in vetroresina con a bordo cinque tunisini è riuscita ad approdare con i propri mezzi a Lampedusa. In serata sono poi iniziate le operazioni di soccorso di una terza imbarcazione su cui si assiepavano una quarantina di persone. Scosso ma non troppo il mondo politico: da destra c'è chi tuona contro le «speculazioni» e le «conclusioni affrettate» (rispettivamente Bertolini e Gasparri, Pdl). Il Pd, per bocca di Franceschini, chiede che il governo riferisca in Parlamento, attento però a difendere «il contrasto all'emigrazione clandestina». Fini diffonde una dichiarazione secondo cui l'Italia deve essere patria anche per chi viene da paesi lontani. In tutto questo Calderoli inneggia al successo delle misure di contrasto e caldeggia la riconversione del Centro di Lampedusa a finalità turistiche: gli arrivi, secondo lui riguardano «poche unità e sempre da paesi che non sono la Libia». La verità è opposta: gli eritrei decimati in mare sono salpati proprio dalla Libia, lo stesso paese con cui l'Italia ha siglato il patto assassino dei respingimenti che il presidente del Consiglio Berlusconi andrà a festeggiare a Tripoli il 30 agosto. Avrebbero avuto diritto all'asilo, provenienti come sono da un paese in guerra, mentre è verosimile che la loro agonia si sia scontrata con l'atteggiamento pilatesco delle autorità maltesi. La tragedia è «il risultato di politiche sull'immigrazione ciniche e disumane», come ha detto il radicale Matteo Mecacci, «la dimostrazione drammatica», secondo il segretario del Prc Paolo Ferrero, «di cosa sia diventata la politica di accoglienza fatta dall'Europa grazie anche alle sollecitazioni restrittive e punitive sostenute dal governo italiano». Le 73 morti sono omicidi e hanno diversi mandanti.
da liberazione 21/08/2009

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