LA TRADIZIONE. Un paio di migliaia di persone tra
pensionati, disoccupati e operai alla manifestazione dei sindacati
Festa del lavoro senza lavoro,
la piazza: «Cambiare rotta»
Sul tavolo le questioni più urgenti da porre al
Governo Renzi sul tema della precarietà «La nostra Repubblica è fondata sul
lavoro e dal lavoro bisogna ogni volta ripartire»
Chi pensava
che le celebrazioni per il primo maggio avessero perso il loro appeal sarà
stato costretto
a ricredersi. La «festa del lavoro senza il lavoro» a
Brescia ha incassato un tutto esaurito che nella nostra città non si vedeva da
anni, con oltre 2.000 persone tra lavoratori, pensionati, disoccupati e
immigrati che hanno marciato uniti da piazza Garibaldi a piazza Loggia per
chiedere a gran voce una netta inversione di marcia. Tra loro, anche numerosi
esponenti delle fabbriche bresciane che più stanno vivendo la crisi sulla loro
pelle, la Brandt e l´Iveco in primis.«Gli 80 euro al mese in busta paga vanno
bene e ce li prendiamo, ma non saranno certo quelli a tirare fuori il Paese
dalle secche in cui è sprofondato» tuona Raffaele Merigo della Uil che aprendo
la carrellata dei discorsi ufficiali organizzati da Cgil, Cisl e Uil sul palco
«ufficiale» istituito innanzi al palazzo municipale si sofferma sul «primo
maggio di disoccupazione» che anche Brescia di accinge a celebrare. Un primo
maggio, dice, decisamente atipico, nel quale a far sentire la loro voce sono
soprattutto gli oltre 45.000 disoccupati «contati» tra la città e provincia, i
pensionati che non arrivano a fine mese ed i giovani che per campare sono
costretti ad andarsene all´estero. «La festa di oggi si è trasformata in un
auspicio, quasi in un´invocazione affinché si faccia davvero qualcosa per far
ripartire il Paese» gli fa eco Silvia dell´Erba della Rsu Uil che chiamando in
causa anche la ben nota questione femminile ribadisce come la festa dei
lavoratori dovrebbe appunto essere l´occasione per celebrare i diritti
acquisiti dai lavoratori e non, come accade ormai da tempo, quella per una
«conta dei danni».
IL
RESPONSABILE dell´Ufficio Immigrati della Cgil Driss Enniya ci va giù ancora
più duro: prima parla della nostra provincia come di un territorio in
balia di «persone che si credono di essere sceriffi» e poi attacca direttamente
una prefettura e una questura «che applicano la legge con troppa severità, e fanno
vivere i migranti con una pistola puntata alla testa». «Di Bossi e Fini ci
siamo liberati, ma della loro legge vergognosa no» rincara la dose Anna Maria
Furlan della segreteria nazionale della Cisl che dopo aver invitato il premier
Renzi ad elaborare con urgenza una «contro-riforma» che tolga di mezzo la legge
che vincola il permesso di soggiorno al lavoro torna a guardare all´Europa
invocando una magggiore attenzione all´economia reale e alle regole dei
mercati. «Crediamo che l´Europa vada costruita sul lavoro e sulla dignità e per
questo chiediamo al Governo di dare priorità assoluta ad una occupazione
che oggi è possibile creare solo dandosi delle regole nuove continua la Furlan
che punta tutto sugli investimenti in scuola, ricerca, innovazione e competitività».
Poi conclude: «Gli 80 euro vanno bene, ma solo se vengono estesi a tutte le
categorie e resi strutturali. La nostra è una Repubblica fondata sul lavoro, ed
è dal lavoro che bisogna ogni volta ripartire».
Ma la piazza
del primo maggio è anche l´occasione per lanciare o rilanciare diverse campagne
e raccolte firme per i diritti. Da un lato, quella promossa dal coordinamento
«Nuove famiglie uguali diritti», una raccolta firme organizzata affinché il
Consiglio Comunale di Brescia assicuri la parità di accesso ai servizi comunali
attraverso il riconoscimento e la garanzia delle famiglie di fatto ed il
sostegno alle nuove forme familiari. Dall´altra, la campagna nazionale promossa
da Spi Cgil, Fnp Cisl e Uil Pensionati dal titolo «Nonstiamosereni»: con oltre
1 milioni di cartoline personalizzate che verranno inviate al presidente del
Consiglio, i pensionati italiani chiedono al Governo una maggiore tutela del
loro reddito, un welfare pubblico e solidale, una legge sulla non
autosufficienza e una netta riduzione delle tasse anche per la categoria.
dal
BresciaOggi
Chi pensava che le celebrazioni per il primo maggio avessero perso il loro appeal sarà stato costretto
a ricredersi. La «festa del lavoro senza il lavoro» a
Brescia ha incassato un tutto esaurito che nella nostra città non si vedeva da
anni, con oltre 2.000 persone tra lavoratori, pensionati, disoccupati e
immigrati che hanno marciato uniti da piazza Garibaldi a piazza Loggia per
chiedere a gran voce una netta inversione di marcia. Tra loro, anche numerosi
esponenti delle fabbriche bresciane che più stanno vivendo la crisi sulla loro
pelle, la Brandt e l´Iveco in primis.«Gli 80 euro al mese in busta paga vanno
bene e ce li prendiamo, ma non saranno certo quelli a tirare fuori il Paese
dalle secche in cui è sprofondato» tuona Raffaele Merigo della Uil che aprendo
la carrellata dei discorsi ufficiali organizzati da Cgil, Cisl e Uil sul palco
«ufficiale» istituito innanzi al palazzo municipale si sofferma sul «primo
maggio di disoccupazione» che anche Brescia di accinge a celebrare. Un primo
maggio, dice, decisamente atipico, nel quale a far sentire la loro voce sono
soprattutto gli oltre 45.000 disoccupati «contati» tra la città e provincia, i
pensionati che non arrivano a fine mese ed i giovani che per campare sono
costretti ad andarsene all´estero. «La festa di oggi si è trasformata in un
auspicio, quasi in un´invocazione affinché si faccia davvero qualcosa per far
ripartire il Paese» gli fa eco Silvia dell´Erba della Rsu Uil che chiamando in
causa anche la ben nota questione femminile ribadisce come la festa dei
lavoratori dovrebbe appunto essere l´occasione per celebrare i diritti
acquisiti dai lavoratori e non, come accade ormai da tempo, quella per una
«conta dei danni».
LE CONTROMANIFESTAZIONI. Marcata la distanza con i
confederali
Antagonisti e
sindacalismo di base: i cortei alternativi
Per Magazzino 47 e gruppi vicini scritte, slogan e
lanci di uova contro le forze dell´ordine e Freccia Rossa
«Alla fine
abbiamo fatto tutto ciò che avevamo organizzato, nonostante i divieti»: con
queste parole Michele Borra, del Magazzino 47, commenta soddisfatto il corteo
«dell´antagonismo sociale», cui hanno preso parte attivisti del centro sociale,
del movimento contro gli sfratti, Cross Point, Rete Antifascista e singoli
militanti della sinistra antagonista bresciana. Un corteo partito da piazza
Garibaldi, come gli altri, ma che sin da subito si è differenziato, non solo
per le parole d´ordine, ma anche con un percorso alternativo. Percorso che nei
giorni precedenti aveva ricevuto alcuni dinieghi della questura, che ha vietato
il passaggio sotto la Prefettura, dove però gli antagonisti sono comunque
riusciti ad andare, con un blitz a sorpresa quando il corteo sembrava
sciolto.
«LA NOSTRA direzione è contraria a quella dei sindacati confederali che non si
oppongono anzi avallano le politiche del governo Renzi», hanno detto dal
furgone che, attorno alle 10, si è messo alla testa delle quasi quattrocento
persone che si sono dirette, passando per via Ugoni, in piazza Repubblica.
Durante il percorso sono state lanciate uova e tracciati slogan sulle vetrine di
banche o agenzie interinali, mentre davanti al Freccia Rossa, dove era aperta
l´area ristoro con relativo personale all´opera, è stato lanciato il grido
«vergogna, vergogna» all´indirizzo di chi ha fatto lavorare le persone anche il
Primo Maggio, «con contratti precari, ricatti e sfruttamento». Stesso discorso
al Pam di via Porcellaga: come già accaduto negli scorsi anni il corteo alcuni
attivisti sono entrati e hanno simbolicamente messo i sigilli alle casse,
invitando i lavoratori a scioperare e i clienti a non fare la spesa nel giorno
della festa dei lavoratori.
Pochi minuti
di discussioni, senza tensione, e poi il corteo si è nuovamente incamminato
passando per piazza Vittoria: qui, nelle intenzioni originarie degli
organizzatori il corteo avrebbe dovuto svoltare verso corso Zanardelli per
risalire verso il Broletto. Invece ha fatto tappa all´incrocio tra via X
Giornate e la piazza, dove, a distanza, era schierato un cordone di poliziotti
e carabinieri vicino ad un blindato: dall´impianto audio è stato stigmatizzato
«il vergognoso applauso dei poliziotti al congresso Sap ai colleghi che a
Ferrara nel settembre del 2005 hanno ammazzato di botte Federico Aldrovandi»;
sono state
lanciate uova piene di vernice rossa che hanno colpito blindato e agenti.
Infine il corteo è arrivato in piazza Loggia, con il saluto alle vittime delle
strage, per poi concludersi in piazza Rovetta. Qui ci sono stati interventi
conclusivi e, verso le 12.30, un gruppetto di attivisti si è diretto verso la
Prefettura con lo striscione che è stato appeso sul palazzo del governo, con la
scritta “No Job Act, No piano casa, sgomberiamo il governo Renzi”. Anche
quest´azione finale non ha creato tensione e il Primo Maggio antagonista è
terminato con il richiamo ai prossimi appuntamenti: il 10 maggio per la
manifestazione contro il biocidio e il 28 Maggio, nel quarantesimo della strage
di piazza Loggia.
MA QUELLO della «sinistra antagonista» non è stato l´unico coerteo alternativo:
in chiusura al corteo dei confederali ma a distanza di qualche metro, non solo
fisica ma politica e di contenuti, è sfilato lo spezzone del sindacalismo di
base, al quale hanno aderito militanti di Sinistra anticapitalista,
Rifondazione Comunista e “il sindacato è un´altra cosa” (la sinistra della Cgil
che fa riferimento a Giorgio Cremaschi).
No al Job
Act, no all´accordo sulla rappresentanza e abolizione della legge Fornero:
questi i punti che abbiamo portato in piazza con un corteo alternativo e
critico verso le dirigenze sindacali», ha spiegato Sauro Digiovanbattista, di
Sinistra Anticapitalista. Contro l´accordo del 10 gennaio da pochi giorni è
partita anche un´azione legale presso la Corte Costituzionale, a coronamento
della campagna “1 euro contro 10”, che negli scorsi mesi ha raccolto fondi per
sostenere le spese per la causa legale perchè «non è accettabile un modello
sindacale che cancella le libertà sindacali, scarichi la crisi sui lavoratori e
impedisca di difendersi dall´attacco dei padroni».
Questo spezzone del corteo, con numeri che nemmeno gli stessi organizzatori si
aspettavano (oltre le quattrocento persone) e che sostiene la lista Tsipras
alle prossime elezioni europee, non si è unito a quello dell´«antagonismo
sociale», sebbene a un certo punto, in corso Martiri della Libertà, è parso che
i due confluissero; ma così non è stato, e il sindacalismo di base ha seguito
le vie già percorse dal corteo ufficiale per finire però in piazza Rovetta,
nello stesso punto di arrivo del corteo antagonista.
dal
BRESCIAOGGI
«Alla fine
abbiamo fatto tutto ciò che avevamo organizzato, nonostante i divieti»: con
queste parole Michele Borra, del Magazzino 47, commenta soddisfatto il corteo
«dell´antagonismo sociale», cui hanno preso parte attivisti del centro sociale,
del movimento contro gli sfratti, Cross Point, Rete Antifascista e singoli
militanti della sinistra antagonista bresciana. Un corteo partito da piazza
Garibaldi, come gli altri, ma che sin da subito si è differenziato, non solo
per le parole d´ordine, ma anche con un percorso alternativo. Percorso che nei
giorni precedenti aveva ricevuto alcuni dinieghi della questura, che ha vietato
il passaggio sotto la Prefettura, dove però gli antagonisti sono comunque
riusciti ad andare, con un blitz a sorpresa quando il corteo sembrava
sciolto.«LA NOSTRA direzione è contraria a quella dei sindacati confederali che non si oppongono anzi avallano le politiche del governo Renzi», hanno detto dal furgone che, attorno alle 10, si è messo alla testa delle quasi quattrocento persone che si sono dirette, passando per via Ugoni, in piazza Repubblica. Durante il percorso sono state lanciate uova e tracciati slogan sulle vetrine di banche o agenzie interinali, mentre davanti al Freccia Rossa, dove era aperta l´area ristoro con relativo personale all´opera, è stato lanciato il grido «vergogna, vergogna» all´indirizzo di chi ha fatto lavorare le persone anche il Primo Maggio, «con contratti precari, ricatti e sfruttamento». Stesso discorso al Pam di via Porcellaga: come già accaduto negli scorsi anni il corteo alcuni attivisti sono entrati e hanno simbolicamente messo i sigilli alle casse, invitando i lavoratori a scioperare e i clienti a non fare la spesa nel giorno della festa dei lavoratori.
lanciate uova piene di vernice rossa che hanno colpito blindato e agenti.
Infine il corteo è arrivato in piazza Loggia, con il saluto alle vittime delle strage, per poi concludersi in piazza Rovetta. Qui ci sono stati interventi conclusivi e, verso le 12.30, un gruppetto di attivisti si è diretto verso la Prefettura con lo striscione che è stato appeso sul palazzo del governo, con la scritta “No Job Act, No piano casa, sgomberiamo il governo Renzi”. Anche quest´azione finale non ha creato tensione e il Primo Maggio antagonista è terminato con il richiamo ai prossimi appuntamenti: il 10 maggio per la manifestazione contro il biocidio e il 28 Maggio, nel quarantesimo della strage di piazza Loggia.
MA QUELLO della «sinistra antagonista» non è stato l´unico coerteo alternativo: in chiusura al corteo dei confederali ma a distanza di qualche metro, non solo fisica ma politica e di contenuti, è sfilato lo spezzone del sindacalismo di base, al quale hanno aderito militanti di Sinistra anticapitalista, Rifondazione Comunista e “il sindacato è un´altra cosa” (la sinistra della Cgil che fa riferimento a Giorgio Cremaschi).
Questo spezzone del corteo, con numeri che nemmeno gli stessi organizzatori si aspettavano (oltre le quattrocento persone) e che sostiene la lista Tsipras alle prossime elezioni europee, non si è unito a quello dell´«antagonismo sociale», sebbene a un certo punto, in corso Martiri della Libertà, è parso che i due confluissero; ma così non è stato, e il sindacalismo di base ha seguito le vie già percorse dal corteo ufficiale per finire però in piazza Rovetta, nello stesso punto di arrivo del corteo antagonista.
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